Sono arrivato all’assemblea di sabato con molti dubbi e poche certezze. Sabato sera le domande erano ancora di più e le risposte sempre meno. Siccome la miglior terapia è condividere i pensieri che ci affliggono, vorrei farvi partecipe dei miei dubbi. Perché a capo del partito è stato scelto il vice di un segretario che aveva espresso una politica fallimentare a detta di tutti.? Perché Bersani, che aveva considerato un grosso errore non partecipare alle primarie del 14 Ottobre, futuro candidato alla segreteria, ha lasciato spazio e platea a Franceschini?Perchè mentre tutti aspettavano un cambiamento, il segnale tnto atteso, si è preferito continuare sulla stessa linea?
Per il congresso non c’erano i tempi, ma per le primarie credo di sì. Primarie vere, con candidati che avevano una chiara piattaforma programmatica, che venivano votati per le loro idee, non per acclamazione o grazie a trame nascoste, ma perché convincenti sul piano dei contenuti. Sarebbe stata una bella discussione, un antipasto, un aperitivo alla campagna elettorale vera e propria, dove avremmo lottato con le unghie e con i denti esprimendo nuove e fresche idee. Le primarie sarebbero state forse politicamente pericolose, ma non è avendo paura di votare che si risolvono i problemi del partito. Questo segnale di cambiamento, di inversione di rotta, è stato quindi ancora una volta posticipato. Stavolta ad Ottobre, al congresso. 8 mesi ci separano da quella data. 8 mesi di passione, di agonia, di perdita della fiducia e dei consensi. 8 mesi di assoluta immobilità che ci condanneranno pesantemente. Però almeno i presunti successori di Franceschini potranno lavorare meticolosamente e con calma, potranno iniziare a fare le alleanze ma soprattutto le tessere, necessarie per la vittoria finale. Il partito democratico si trasformerà, se non lo è già, da un partito basato sul territorio a un partito clientelare, dove la tessera si prende per ottenere in cambio qualcosa dal leader di turno. Mi hanno detto che la politica si fa al congresso. Questa è una delle più grosse stronzate che abbia sentito. La politica bisogna farla tutti i giorni, non periodicamente. Non è mai troppo presto per iniziare la svolta, ma qui quel famoso segnale, quello che ci farà esclamare un grido di soddisfazione e un sospiro di sollievo, viene eternamente rimandato.
Ma la domanda più importante, il nodo gordiano che bisogna sciogliere è: cosa è il PD ora? E’ davvero la casa dei riformisti? O è solo un insieme di vecchi ricordi e persone nostalgiche? Fino a poco tempo fa credevo che il più grosso errore del PD fosse la comunicazione. Veder continuamente litigare sul giornale, in televisione, fare il giorno e disfare la notte, é stato uno spettacolo dilaniante. Noi siamo quelli che litigano, noi siamo quelli che non decidono, noi siamo quelli che non propongono perché non sappiamo cosa dire. Il nostro grande problema é che non siamo un’alternativa di governo credibile. noi non abbiamo una visione comune su niente. Non c’é stato un altro pensiero in campo oltre a quello della destra . Un pensiero lungo, riformista, moderno, occidentale che con spirito nazionale e costituzionale sappia parlare all’intero paese, cambiandolo
In un grande partito si sta insieme nonostante le divergenze su alcuni punti. Al contrario nel pd si sta insieme solo per le divergenze. Anche con gli alleati abbiamo sempre detto che stiamo uniti solo sulla condivisione del programma con gli alleati. Quale programma?
Fino ad ora abbiamo rincorso la destra, ma soprattutto non abbiamo un progetto a lungo termine, non abbiamo saputo anticipare i grandi movimenti sociali che sono avvenuti negli scorsi mesi. Sulla scuola, siamo entrati in punta di piedi, in ritardo, cercando di appropriarci di un problema che avevano sollevato altri, dal basso, senza avere una proposta chiara all’inizio. Ugualmente sulla crisi economica. Abbiamo fatto il PDDay e non é passato niente. Il primo documento é stato presentato a Dicembre. C’ é una richiesta forte, disperata di ascoltare, ma soprattutto di agire sulle tematiche sociali. Riappropriamoci e rilanciamo insieme le tematiche che piú ci stanno a cuore, che ci possono distinguere, che ci possono caratterizzare.
Ci vuol tanto a riconoscere che la sinistra è arrivata in ritardo nella percezione dell’insicurezza, e tuttavia è una mistificazione sostenere che questa è la prima emergenza del Paese, una mistificazione che mette in gioco la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri?
È davvero così difficile sostenere che credenti e non credenti hanno a pari titolo la loro casa nel Pd, ma il partito ha tra le sue regole di fondo la separazione tra Stato e Chiesa, tra la legge del Creatore e la legge delle creature? Soprattutto, è un tabù pronunciare la parola sinistra nel Partito democratico, pur sapendo bene che socio fondatore è la Margherita, con la sua storia?
Io per sinistra intendo valori forti: uguaglianza, rispetto per gli esseri umani, libertà di pensiero, riformismo, laicismo, un nuovo modello di mercato sociale, piú equo e giusto.
Ecco che un’altra domanda sorge spontanea: mi é stato detto che il PD é la casa dei riformisti. Ma allora, si puó essere riformisti con la Binetti? é possibile che la linea politica del partito é dettata da una minoranza? é davvero possibile fare riformismo in questo modo? Schiavi delle minoranze, incapaci di avere un progetto comune, condiviso da tutti.
Guardate non è che mi sia dispiaciuto il discorso di Franceschini. Ma purtroppo non credo più alle parole. In Inghilterra dicono “fool me once, shame on you, fool me twice shame on me” e io sono già stato fregato una volta. I discorsi di Veltroni mi hanno portato a iniziare la politica attiva, la condivisione di un sogno, quello di poter cambiare davvero l’Italia. Per gli idealisti come me, quando un sogno si infrange la delusione é doppia e l’amarezza é tanta. Quindi d’ora in poi valuteró sui fatti, sui segnali che dimostreranno che siamo davvero il partito dei riformisti. Io sto perdendo gli stimoli, la voglia di lottare, di partecipare. Io qui mi rivolgo ai dirigenti, locali e nazionali. Vi prego, datemi l’entusiasmo di andare avanti, datemi il brivido di discutere su qualcosa a cui tengo veramente, fatemi partecipare di nuovo a un sogno, la sensazione di condividere un progetto. Non mi entusiamo a parlare di quanti membri devono partecipare alla direzione nazionale, chi deve coprire gli incarichi . Se non per me fatelo per la famosa base, per chi amministratore e non, rinuncia a passare del tempo con la famiglia, con gli amici, al proprio tempo libero per far crescere questo partito. Ascoltiamo chi ha rinunciato ai propri sogni , chi si é sacrificato perché ci credeva veramente. Ognuno di questi che perdiamo é una ferita incolmabile al cuore del partito.
Ma è davvero il tempo delle proposte riformiste e qui elenco alcuni punti a me cari:
1 Coinvolgiamo gli iscritti sulla decisione delle priorità programmatiche, che finora non sono mai stati ascoltati. Coinvolgiamoli sul programma, discutiamo sui temi, votiamo, troviamo delle sintesi, ma parliamone il più apertamente e trasparente possibile.
2. Semplificazione degli organismi nazionali, pochi incarichi, molto lavoro di rete
3. Primarie o ampia consultazione per la scelta dei candidati alle Europee, con regole per il rinnovamento per evitare che politici a fine mandato possano passare grazie ai voti clientelari (Bassolino?)
4. Creazione di una una rete, una piattaforma, un contenitore di idee nuove, innovative, riformiste su tutti i campi (sport, sociale….). Un progetto che vuole dare nuova linfa vitale e nuovi contributi a un partito che non é riuscito a catalizzare tutte le spinte d’innovazione che la societá cerca di dare. Un progetto che non guarda al passato, non guarda le appartenenze ma che porterá al congresso il futuro.
Io credevo di essere di sinistra. Ora ho una crisi d’identità
Lascia un commento