Baracche di cartone e bambù sono diventati ripari permanenti. Le continue piogge hanno trasformato il terreno in una melma paludosa. Il fango è dappertutto.L’odore di una qualche spezia introvabile in Italia è mischiato ai miasmi che provengono da un angolo sudicio adibito a bagno comune. Non c’è traccia di acqua potabile nelle vicinanze. Un topo rosicchia le briciole da un vecchio e lercio materasso. Siamo in un edificio abbandonato di Rosarno, dove sono stipati in condizioni igieniche abominevoli centinaia di immigrati dall’Africa. Non hanno scelto di vivere così. Fuggiti da guerre, epidemie, carestie, speranzosi di ritrovare la dignità perduta nel continente nero. “Il lavoro nobilita l’uomo” si dice, ma essere schiavi significa perdere lo status di uomo. La rabbia degli immigrati di Rosarno, da condannare sicuramente, è frutto di una ribellione cercata per riprendersi la propria umanità, evadere dall’invisibilità e dare furiosamente una tangibilità alla propria misera esistenza. E’ forse vita lavorare 12 ore al giorno per nemmeno 20 euro?E’ forse vita essere stipati come maiali, vivere nel fango, essere sfruttati come asini? E’ forse vita essere considerati bestie da sfruttare o bersagli per divertirsi? E’ forse vita quando non hai futuro? Giocando a parti rovesciate probabilmente nella loro condizione mi sarei unito a loro e forse avrei fatto anche di peggio. Perchè quando non hai nulla da perdere allora sì che si diventa pericolosi. Questi uomini sono macchine al servizio dell ‘ndrine, braccia da sfruttare per assicurare prodotti a basso costo e alto profitto.
Gli immigrati di Rosarno sono bersagli mediatici facili: guardali lì, sporchi, mal vestiti, così neri. Come si permettono di scuotere il nostro quotidiano, come si permettono di ribellarsi? Se non viene gestita bene la spirale di violenza che si è inevitabilmente creata porterà solo altro dolore e disperazione. La caccia all’uomo nero è conseguenza diretta delle emozioni e di una fragilità di uno stato e di un comune (sciolto recentemente per infiltrazioni mafiose) che sono evanescenti, invisibili. L’orda incontrollata ha gambizzato e ferito selvaggiamente gli immigrati, senza trovare nessuna opposizione da chi dovrebbe le emozioni dovrebbe governarle.
I penultimi contro gli ultimi. La guerra civile che esploderà presto se il clima di odio non finirà e il tema immigrazione non verrà discusso seriamente con proposte concrete ed efficaci, non come è stato fatto finora: sanatorie inutili (badanti?colf?) e messaggio mediatico del clandestino come criminale.
Rosarno si poteva evitare. La storia si ripete. Colpi di pistola contro gli immigrati erano già successi un anno fa con le solite conseguenze. Ma come troppe volte succede, niente è cambiato. E purtroppo questo non sarà l’ultimo episodio della battaglia della disperazione, ci sono tante, troppe Rosarno pronte ad esplodere. Disinnescarle serve per spegnere sul nascere i focolai di violenza.
“Possiamo anche dire che abbiamo sbagliato. Che i miei fratelli, bianchi e neri hanno sbagliato. Ma lo dobbiamo dire sempre. Non solo quando qualcuno ci sfascia la macchina. Lo dobbiamo sostenere con forza anche quando altri fanno delle cose ancora più gravi. Cose terribili. Dobbiamo avere il coraggio di gridare e denunciare”. Le parole più sensate che ho sentito sul caso Rosarno…e a dirle è stato lì anonimo parroco della città calabrese.
Una cosa mi ha colpito: non ci sono donne immigrate a Rosarno. Non servono nei campi. Non ci si può innamorare, i clandestini non si possono costruire una famiglia, non si possono condividere sentimenti di amore. Amore…parola molto abusata in questo periodo. Dov’è il partito dell’amore in questi casi? E’ al Nord, al calduccio, in qualche bella casa riscaldata.
“Tolleranza zero ai clandestini” dice Maroni. Tolleranza zero ai caporali, agli sfruttatori, alla mafia dico io. Ma nell’Italia del bene fraterno narrata da Berlusconi e da MAroni, l’Amore non è per gli ultimi..
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