Google colpevole. Quando in nome della tutela ci si priva della libertà.

Mi trovo in Inghilterra per lavoro e molto risalto è stato dato alla sentenza italiana su Google. Mercoledì pomeriggio  mentre uscivo dalla metropolitana il mio sguardo si è soffermato sul titolo di un giornale gratuito che regalano all’uscita delle stazioni: <<Google bosses convicted in Italy>>Dopo poco la notizia rimbalza su tutti i blog e giornali del mondo anglosassone. Ha suscitato scalpore questa decisione del giudice italiano, dopo che Hillary Clinton nel discorso del 21 Gennaio, ha tracciato la linea americana su Internet: un servizio  inalienabile , strumento per la tutela dei diritti umani, che non può essere censurato da enti o stati (infatti vengono segnalati i paesi che operano una forma di controllo dei contenuti : Iran, Cina…).

La sentenza in tutti i suoi particolari non è stata ancora pubblicata, sicuramente avremo modo di approfondire gli aspetti più controversi successivamente. Come hanno detto i pm milanesi è stato sollevato un problema non di poco conto, in una branca della legge, quella del diritto informatico, che è molto frammentaria e confusa e che ancora attende normative comunitarie. I pm milanesi insistono sulla necessità di un controllo preventivo dei contenuti messi in rete per evitare che gli internet service provider (in questo caso Google )guadagnino e lucrino grazie a video di inevitabile clamore. Infatti il profitto in questi casi è dato dalla pubblicità che si trova vicino al contenuto e un video come quello sul disabile picchiato, avendo avuto impatto nazionale, ha fatto intascare molti soldi alla società americana grazie alla pubblicità. Sicuramente è stata segnalata la tempestività della rimozione del video da parte di Google dopo che la polizia aveva segnalato il caso, ma l’infame filmato è stato disponibile per oltre due mesi. Letta così non è una sentenza sbagliata, si mette avanti la tutela della persona rispetto alla logica di profitto. Ma ci sono diversi aspetti che vanno segnalati, che non sono di poco conto:

– si parla molto spesso di controllo preventivo su Internet, ma non si è ancora trovato un metodo per farlo. Non vorrà dire che è  impossibile? Ricordiamoci dei problemi con la pirateria…creata una barriera viene trovata la falla. In questo caso se su un sito nascerà una forta di controllo, ci sarà sempre un altro posto dove questo non è possibile. Creare un sistema di prevenzione richiede strumenti totalitari e troppo restrittivi, paragonabili alla “Grande muraglia” cinese.

– questa sentenza può essere invocata da chi vuole limitare la libertà su Internet, legittimando i tentativi censori da parte del governo., che da anni aspettano la norma giusta per operare una forma di controllo.

– l’Italia viene presentata all’esterno come paese censore, dove non è possibile utilizzare servizi web interattivi.Quindi nessuna startup o impresa  informatica internazionale ci investirà, aumentando ancora di più il divario tecnologico con gli altri paesi occidentali.

tutti i social network di massa fallirebbero, impossibilitati dal controllare l’enorme mole di informazioni generata dagli utenti. Ciao Facebook, ciao Twitter, ciao Youtube. Addio progresso dell’informazione.

La soluzione non è semplice, questa sentenza può aprire “scenari imprevedibili“. Gli esperti di diritto mediatico sono al lavoro per capire le conseguenze. Abbiamo bisogno di una direttiva europea forte e chiara su quese tematiche. Bisogna anche  chiedersi come evitare che video così deplorevoli come quello del ragazzo autistico picchiato restino online. La soluzione ce la suggerisce la rete stessa:le segnalazioni degli utenti, il sistema di rating dei contenuti e la tempestiva segnalazione alle autorità competenti. Così Wikipedia ha creato l’enciclopedia più competente del mondo e studi segnalano come la maggior parte delle voci sbagliate vengano corrette in pochi minuti grazie all’aiuto degli utenti. E’ il potere attuale della rete.

Un’ultima riflessione, la più clamorosa a mio giudizio: i “protagonisti”, quelli che il video l’hanno girato, pubblicato e reso possibile, hanno avuto un anno di sospensione a scuola.




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