L’inghilterra è ormai la mia seconda casa. Ho passato quasi metà degli ultimi quattro anni nel paese oltre Manica, vivendo a Londra, dove i ritmi di vita sono altissimi, e a Leamington, sperduto paese nelle Midlands a nord della capitale, dove trovi tutto quello che cerchi nel raggio di 100 metri. I grattacieli imponenti vs le case basse con i tetti a punta, una metropolitana vasta e moderna vs le poche fermate del trasporto pubblico, l’esplosione della cultura e della creatività vs la diffidenza e l’immobilismo delle classi operaie. Due mondi opposti figli della stessa nazione, che domani andrà al voto per rinnovare il parlamento. Fino a pochi mesi fa la vittoria dei Tories sembrava scontata, colpa di un primo ministro, Gordon Brown, molto competente quando si parla di economia,ma disastroso nella comunicazione (mi ricorda qualcuno..). Viviamo in tempi dove in politica il messaggero conta più del messaggio e David Cameron, leader dei Conservatori, negli anni passati sembra aver cercato di migliorare più la sua immagine che il suo partito. Questo gli ha portato un grande ritorno di consenso fino a quando, dal nulla, un leader di un partito che non considerava nessuno è apparso in televisione più fresco, più giovane, più convincente. Sto parlando di Nick Clegg, leader dei Liberal Democrats, che, dopo il primo dibattito in televisione che si è svolto a metà Aprile, ha visto il suo consenso salire molto nei sondaggi, arrivando perfino a scalzare i Labour dalla posizione di secondo partito del paese. Ma questo rende le cose molto più difficili: in un sistema elettorale che privilegia il bipartitismo a discapito delle coalizioni, un eventuale exploit dei Lib-Dem di Clegg potrebbe riaprire tutti i giochi aprendo numerosi scenari, anche un nuovo governo Labour, veramente impensabile solo pochi mesi fa. Il partito che ha governato l’Inghilterra da 13 anni, trascinato dal carisma di Tony Blair, è arrivato opaco a questo appuntamento. Troppo tardi ha provato a reinventarsi e le continue gaffes di Gordon Brown non lo aiutano di certo. La battaglia è tutta centrata sulla comunicazione: i Conservatori hanno tappezzato tutto il paese con cartelloni 6×3 che trasmettono slogan chiari e di forte impatto, hanno firmato un contratto con gli inglesi e il loro leader Cameron ha promesso di combattere il cancro (suona tutto troppo dannatamente familiare). Slogan sinistri come: “Let’s restore discipline in school” (Ripristiniamo la disciplina a scuola) o vaghi come “Stop Job taxes” (Stop alle tasse sul lavoro”) stanno facendo presa sulla gente e amici che non hanno mai votato per i Tories oggi ci stavano seriamente pensando.
Insomma ne viene fuori un caos che si discosta molto dal leggendario aplomb inglese, avvicinandosi incredibilmente alle caratteristiche della tanto vituperata politica italiana: l’importanza della comunicazione, del carisma di un leader e delle alleanze politiche. Vediamo cosa ne esce fuori. La grandezza di una nazione si vede soprattutto dopo le elezioni.
Ma io cosa avrei votato? Diciamo che simpatizzo per chi ha detto queste parole:
Tomorrow is decision time. What happens tomorrow will shape all of our tomorrows for so many years to come. You have a vote, use it for your future and see Labour as your best home, and your best hope.
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