Lettera ai giovani democratici (e non) – parte 1 Lavoro e welfare

Pur non avendo partecipato attivamente in questi due anni ai giovani democratici ho sempre guardato con attenzione e fiducia al vostro lavoro, riconoscendone l’importanza e la qualità. E pur apprezzando l’attività locale non posso che dimostrare dispiacere per la  mancanza di incisività dei gd a livello nazionale. Poche iniziative, poco coordinamento,  nessun aiuto concreto a risolvere i problemi del partito democratico. C’è bisogno di novità, di tracciare nuove linee e nuove strade,di non essere una fotocopia sbiadita degli assetti e degli schemi del partito “maggiore”, ma di utilizzare più fantasia e creatività, cercando di fare quello per Il quale siamo portati: essere più liberi. Essere piu’ liberi di pensare autonomamente, piu’ liberi di uscire fuori dagli schemi,più liberi di interpretare al meglio la società di oggi. Una società che mi preoccupa, una società che sta diventando sempre più ingiusta, più insostenibile e meno attenta alle nuove generazioni.

Il governo ha presentato una manovra di “lacrime e sangue”, una manovra fatta solo di tagli, senza prospettive di crescita.

Chi saranno le prime vittime di questa manovra?Sono I giovani, che pagheranno un caro prezzo in futuro grazie alle scelte di oggi. Quei giovani che necessitano di una riforma del mercato del lavoro per eliminare la precarietàquei giovani che rappresentano il 79% della nuova disoccupazione dell’ultimo anno, quei giovani che avrebbero bisogno di una formazione che gli permetta di passare da un lavoro all’altro senza intoppi; quei giovani che aspettano investimenti nei settori chiave dei prossimi anni  come le tecnologia dell’informazione (specialmente Internet) e le energie rinnovabili. NIente, zero, niet per i 2 milioni di giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati nella formazione. Siamo i nuovi esclusi, dimenticati da una società sempre più ingiusta. Questa è una manovra delle ineguaglianze. Noi per primi dobbiamo combatterla con tutte le nostre forze. Come ci ha insegnato Amartya Sen: “la recessione si supera combattendo le ingiustizie, non facendola pagare ai poveri”!

Vorrei sottolineare due dati significativi che ho toccato brevemente:1)la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli oltre l’emergenza: fra i giovani (15-24 anni) il tasso di disoccupazione sale al 28%. Il più alto d’Europa. Quasi 10 punti in più della media europea. 2) l’anomalia dei 2 milioni di neet (acronimo per («neither in employment, nor in education or training»), ovvero i giovani che non sono né occupati in un lavoro né inseriti in percorsi di studio o formazione . In Italia sono un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni, in larga parte diplomati e laureati: proprio le figure chiave per il rilancio dell’economia di un Paese. Invece non fanno semplicemente niente o sono ai margini della legalità , arricchendo le fila dei lavoratori “in nero”.Queste considerazioni ci fanno capire che, come dice Irene Tinagli,” il vero buco nero del nostro Paese non è solo e tanto la struttura economico-produttiva, ma il sistema della formazione e la transizione dal mondo dello studio a quello del lavoro”. Questo è un dato devastante, un dato che dovrebbe far tremare ogni governo, ma che è terribilmente sottostimato. Un paese che non investe sui giovani è un paese destinato a morire.

E poi c’è un argomento, forse il più lontano dal concetto di “politiche giovanili” ma che diventerà sempre più importante per noi con il passare degli anni: le pensioni.

Non so se avete dato un’occhiata agli ultimi dati, quelli della riforma Sacconi-Tremonti sul nostro probabile pensionamento: nel 2050 si andrà in pensione a 70 anni. Non so voi ma questo dato mi sconforta un po’ visto che l’aspettativa di vita è adesso 79 anni. Non lottare ora significa pentirsene poi. Non siamo abituati a rendere conto al tempo, ma la vera abilità politica è di prevedere i disastri sociali per gestirli e combatterli in anticipo. La riforma delle pensioni così ideata da Tremonti porterà infelicità e noi saremo quelli che ne pagheranno le conseguenze, se non faremo qualcosa adesso.

Ma se vogliamo tornare al presente ci sono migliaia di altri esempi di ingiustizia sociale che testimoniano come il welfare di oggi non sia studiato per le nuove generazioni. Il problema della casa. Tutti vorrebbero una casa di proprietà. Ma i mutui sono concessi solo a chi può dare garanzie e in tempi di lavoro flessibile è difficile se non impossibile trovare precari che possono dare alle banche quello che chiedono. Deve intervenire ancora una volta la famiglia, facendo sì che un genitore faccia da garante.Ma è giusto un welfare che dipende dalla famiglia e dalla sua condizione sociale? Non crea forse maggiori disuguaglianze un sistema che premia chi parte da condizioni favorevoli avendo una famiglia benestante e lascia indietro tutti gli altri ?

I rischi sociali – come perdere il lavoro, non avere  alcun aiuto dello Stato, avere una paga da fame, probabilmente non avere una pensione o averla sotto la soglia di povertà, non ricevere formazione – sono tutti sulle spalle dei giovani.Una responsabilità troppo grossa per noi. È un problema totalmente ignorato dal governo, convinto sostenitore del welfare dei genitori e dei nonni. Ma la disoccupazione non è solo di quelli che stanno ancora a casa di mamma. Ci sono tantissimi giovani lontani dalla famiglia centinaia (migliaia nel caso dei lavoratori immigrati) di chilometri che hanno perso lavoro e non riescono ad andare avanti. Cosa intende fare il governo per loro? Quali prospettive gli daranno? Non c’è via d’uscita in questa manovra, nessun futuro. Dimenticarsi dei giovani significa aumentare i problemi di coesione sociale. Come dice Tito Boeri “non può esserci coesione sociale in un Paese che non dà speranze ai giovani“.

Disoccupazione altissima, pensioni che forse non arriveranno mai, giovani che non lavorano e non studiano, ne esce un quadretto abbastanza desolante. Insomma una bella dose di ottimismo..e in tutto questo cosa può fare il partito e la sua giovanile? Continua


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