Il Governo Berlusconi e la coalizione che lo regge stanno vivendo forse la più grossa crisi degli ultimi anni. I vertici dell’opposizione si dicono pronti ad affrontare una crisi di governo, cominciando a studiare fantaalleanze e fantacoalizioni. Ancora una volta si ragiona per freddi numeri, cercando di sommare le percentuali dei vari partiti per arrivare al 50% che ti consente di governare in Parlamento (ma non l’Italia).
Perchè nessun partito dell’opposizione non pensa ad allargare il suo bacino di consensi? Non riusciamo forse a trovare un’idea alternativa da comunicare, diffondere e portare avanti con convinzione?
C’è un grosso vuoto nelle sinistre europee, nonostante la crisi abbia ingigantito i problemi del neocapitalismo, della finanza creativa e delle speculazioni basate sul niente, le ultime tornate elettorali hanno visto premiare sempre di più la sicurezza e la rassicurazione delle destre. Le sinistre si sono trovate impreparate ad affrontare queste nuove sfide, senza la voglia di superare la via della socialdemocrazia, termine del vecchio secolo che adesso male si modella sulla società attuale.
E’ mancato il coraggio di elaborare una nuova tesi, una nuova spinta, un marchio di fabbrica che spingesse i giovani (e non) a credere che siamo in grado di rispondere ai problemi e alle sfide del nuovo millennio, risolvendo i problemi in un’altra maniera, più giusta, più solidale, più equa. Le sinistre (con o senza il prefisso centro) si sono arroccate su posizioni vecchie e logore, soddisfatte del voto dei nostalgici, i meno desiderosi di cambiamenti.
Eppure abbiamo un esempio cristallino di come osare può portare a un consenso straordinario: le promesse e i fatti di Obama su sistema sanitario, riforma della finanza, politica dell’immigrazione sono una via da seguire,che vanno declinate secondo le nostre realtà.
Ripartiamo dai fondamentali: la crisi ha aumentato le distanze sociali, metà ricchezza del Paese è in mano al 10% degli italiani. Non si tratta di rigurgiti di socialismo o di anticapitalismo trovare una strada che diminuisca queste distanze e che unisca sviluppo e benessere della collettività. Il capitalismo si salva da solo, l’uguaglianza no.
Perché l’eguaglianza – è la tesi originale che Richard Wilkison e Kate Pickett illustrano nel loro “La misura dell’anima” (Feltrinelli) – migliora “il benessere psicologico di tutti noi”. Di più, secondo i due studiosi: “Tanto la società malata quanto l’economia malata hanno le proprie origini nell’aumento della diseguaglianza”. E infatti due economisti come Jean-Paul Fitoussi e Joseph Stiglitz pensano che all’origine della grande crisi provocata dai mutui subprime ci sia proprio l’aumento delle diseguaglianza che, ad un certo punto, ha fatto implodere il sistema finanziario. (da Repubblica)
Bisogna lottare contro le speculazioni finanziarie e la forte disparità di reddito, senza usare parole “vecchie e logore” , riaffermando l’importanza dei diritti civili e del lavoro che produce beni reali (e non schifezze come derivati e compagnia). Pensare globale per aumentare il potere della politica e dello Stato nell’evitare concentrazioni enormi di potere e di denaro. Se non facciamo credere che è possibile agire insieme,pensando globalmente, vinceranno sempre i nazionalismi e i populismi, capaci di rispondere nell’immediato alle esigenze delle persone.
Ripartiamo dai giovani, coloro che hanno subito in maniera più forte la crisi, diamogli la speranza di un lavoro che porti benessere e serenità (cosa che non fa il precariato) e la certezza che i più meritevoli possono avanzare la scala sociale. Diamo la possibilità a tutti di formarsi e di studiare, diventando parti fondamentali nell’economia della conoscenza.
Ripartiamo dai fondamentali: una società nuova, inclusiva, internazionale. Una società più giusta . Perchè come dice il film “into the wild”: “la felicità è tale solo se condivisa”.
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