Ho voluto bene a Veltroni. Seriamente. Mi piaceva ascoltare i suoi discorsi pieni di futuro, di sogni e di buona retorica, che molte volte hanno riacceso in me e in molti altri la passione della mobilitazione politica. A Veltroni è stata data la possibilità di trasformare in realtà quello che diceva nelle sue belle orazioni, ma ha fallito, dimettendosi dalla carica di segretario dopo solo un anno e mezzo. Ricordo ancora molte delle parole del suo discorso da dimissionario e la commozione che ho provato in diversi passaggi:
«Per chi verrà dopo di me voglio dire che per lui vale un principio antico: non fare agli altri quello che… Io posso dire quello che è stato fatto a me. Al mio successore non chiedete con l’orologio in mano di ottenere dei risultati perchè un grande progetto ha bisogno di anni e non si realizza in quattro mesi.A chi guiderà domani il Pd sia concesso ciò che io non mi sono guadagnato sul campo, gli sia consentito un tempo lungo per poter realizzare un progetto riformista che solo il Pd può compiere. Lasciamo da parte la sindrome del logoramento che ha portato a bruciare molte leadership nel centrosinistra».
Belle parole, profonde, che mi hanno fatto credere ancora una volta che se ne stava andando una delle migliori figure politiche degli ultimi anni.
Il tempo passa, c’è un congresso, c’è un nuovo segretario. Dopo nemmeno un anno le divisioni interne non sono sparite, ma si acuiscono. In un periodo dove la PDL sta scoppiando noi dovremmo essere pronti ad attaccare, a fare sentire forte la nostra proposta. Ma purtroppo non è così.
E chi alimenta la crisi interna? Il buon Veltroni, che scrive lettere, firma documenti, auspica cambiamenti, procede a una conta dannosa. Si parla addirittura di gruppi autonomi. Non voglio riportare nessuna frase, le potete leggere su tutti i giornali.
Ancora una volta non si mette in pratica quello che si dice. Cos’è che diceva Renzi riguardo ai vecchi dirigenti?
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