Molte e inutili parole sono state dette su Pompei. Frasi, scuse, promesse dettate dalla circostanza dell’emergenza. Adesso il caso mediatico della settimana scorsa si e’ sgonfiato, sorpassato da nuovi scandali e da nuovi pettegolezzi della politica. Il sipario cala nuovamente sulla citta’ alle pendici del Vesuvio. Ma la tragica emergenza rimane. Chi vive o lavora a Pompei sa benissimo che il crollo della scuola dei gladiatori era un disastro annunciato. Il primo di molti che seguiranno o che sono gia’ avvenuti nel silenzio. A gennaio di quest’anno il muro della «casa dei casti amanti», a 100 metri dalla «casa dei gladiatori», è crollato; poche settimane fa il «vicolo di Ifigenia», che costeggia ad est l’edificio crollato, ha subìto un collasso.
Bondi alla Camera si sottrae alle sue responsabilita’, facendo il ruolo della vittima. Pessima interpretazione. Le sue responsabilita’ oggettive e le sue decisioni gestionali sull’area hanno peggiorato di molto la situazione. Negli ultimi due anni, tolto di mezzo l’indipendente Guzzo, soprintendente per 15 anni, si e’ preferito cedere totalmente il passo alla valorizzazione, con campagne marketing di dubbia efficacia, evitando di risolvere i problemi alla radice, dimenticandosi totalmente della tutela.
Una di queste iniziative l’hanno chiamata “PompeiViva!”, cercando di dare nuova linfa a una citta’ morente. Mi verrebbe da ridere se non fosse tragicamente reale. Per non parlare dei restauri del Teatro Grande, che sono adesso oggetto di ispezioni e controlli, data l’invasivita’ e la distruzione compiuta dai lavori. Non enfatizzo dicendo che il mio collega inglese, che sta scrivendo una tesi di dottorato sul teatro grande, e’ rimasto basito e sconvolto dai cambiamenti e dai disastri compiuti da questa opera di “recupero” mirata solo alla spettacolarizzazione. Da un anno chiedo personalmente di parlare con l’archeologa che doveva seguire i lavori, per capire meglio cosa e’ successo, ovviamente senza nessuna fortuna, come se ci fosse un muro invalicabile, consapevoli dei danni permanenti arrecati alla struttura.
Con la cultura non si mangia, ha detto infelicemente Tremonti. Ma vogliamo parlare di tutto l’indotto portato dai siti culturali-artistici, che danno da mangiare a molti. Perché quella per la cultura è sempre un investimento, che produce occupazione, genera turismo, produce una ricchezza collettiva e interiore impareggiabile.
Che fare allora? Mentre scrivo le mie riflessioni, si può sempre tentare la disperata proposta dello scrittore Erri Di Luca, dettata dal suo tremendo amore per la città che sta morendo nuovamente, Pompei.
Chiedo all’archeologia di smettere di scavare. Quello che riporta alla luce lo guastiamo e lo mandiamo in rovina. Chiedo di ricoprire gli scavi di Pompei con cenere spenta per poterli affidare alle generazioni future che saranno costrette a essere migliori, visto che peggiori non si può. Siamo eredi senza merito e tutori di una ricchezza che appartiene all’umanità e non alla competenza di un ministero. Questa ricchezza è quanto di meglio abbiamo da offrire al mondo e siamo responsabili di questo di fronte al mondo. L’immagine dell’Italia all’estero è sfregiata dal ridicolo di certi pruriti anziani e dall’indecente incuria della bellezza ricevuta in dote. Custodire e tramandare la bellezza è la definizione più elementare di civiltà.
Nessun commento renderebbe merito a queste struggenti parole, solo l’amara constatazione che è tutto vero. Non siamo degni del nostro passato.
4- continua
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