Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace!

Il sogno dovrebbe essere collocato all’opposto della politica, nella sua dura e fredda gestione della realtà.
Ma il sogno, declinato anche come visione o come prospettiva, è una componente fondamentale della vita di un uomo; ci guida, ci coccola, ci permette di dare razionalità alle nostre scelte.
Non ho vissuto nell’era delle grandi ideologie, dove c’era nei partiti una fede religiosa, quasi sacrale. Quando il muro di Berlino è caduto, ero in prima elementare e l’unico muro che mi preoccupava era quello che mi separava dal campo di calcio dietro casa.
Eppure prima c’era una visione, un fine, che accomunava persone diverse, ma che si sentivano fratelli solo perchè condividevano lo stesso sogno.
Abbiamo visto che forza motrice devastante è stato nel secolo passato, nel bene e nel male.
Abbiamo visto anche molti film, letto libri, ascoltato canzoni che celebravano il sogno americano, the american dream, ovvero la speranza, condivisa da molti negli Stati Uniti d’America che attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione fosse possibile raggiungere un migliore tenore di vita. Cosa sia diventato il Sogno Americano, è una questione continuamente discussa, ma sicuramente portava con sé anche la speranza dell’uguaglianza. In quello che è forse il suo discorso più famoso, Martin Luther King nomina il Sogno Americano:
«Vi dico oggi, fratelli miei, non perdiamoci nella valle della disperazione. E anche se affrontiamo le difficoltà di oggi e di domani, io ho ancora un sogno”
A distanza di cinquant’anni, il suo sogno di uguaglianza non è  ancora pienamente compiuto, ma l’aver eletto un presidente nero ha dimostrato che enormi passi in avanti sono stati fatti. Che con la passione e il sacrificio di molti i sogni si possono avverare. E noi?
E adesso ci siamo noi in una valle di disperazione, di sofferenza, di diseguaglianza, di tristezza creata da un sogno fasullo, un sogno di carta: il sogno berlusconiano.
Una visione che ci ha paralizzato, che ci porta al collasso. Un sogno basato sull’individualismo, sulla furbizia spicciola, sul machismo, sull’intolleranza del diverso, sulla prevaricazione dell’altro. Fottere per non essere fottuti, tanto per restare maleducati, dove i colpi bassi e le nefandezze vengono premiate perché parti fondamentali a sostegno di quel sogno. Di certo non possiamo accusarli di incoerenza.
Un sogno semplice, facile da perseguire e da comunicare, elementare e per questo molto attraente. Un sogno perfetto per la televisione e i suoi modelli di successo facile.
Più che un sogno un incubo.
Ma noi come ci siamo contrapposti? Siamo riusciti a tradurre le nostre idee in una visione comune, condivisa, organica?
Quello che abbiamo adesso sono solo frammenti di sogni, piccoli scrigni chiusi, che non comunicano fra loro.
Quando ci accorgeremo che ci accomunano molte più cose di quante ce ne dividono, potremo finalmente lavorare al meglio, liberarci dal passato, comunicarlo chiaramente, recuperando persone e risorse, accogliendo nuove passioni e nuovi entusiasmi. Perdere la precarietà della nostra esistenza, la provvisorietà.
Perchè non si tratta di risvegliare gli indifferenti o di scuotere i delusi. Ma di restituire fiducia nella politica e negli altri. Di far tornare gli esuli.  Anche quelli che vivono da stranieri nella loro stessa patria. Perché  la vita non è da un’altra parte, ma in un’altra Italia.
Mi potete dire che con i sogni non si governa?non è vero. Ho la fortuna di essere amministratore e anche nella gestione della più piccola cosa, dalla riparazione di una buca al posto in più in un centro per senza tetto, ho in mente una visione più grande, quella di anteporre al pil, prodotto interno lordo il fil, felicità interna lorda.
Non bastano le poesie.  Ci vogliono idee. Quelle vanno costruite insieme.
Quando saremo soddisfatti? Mai, ma sono sicuro che ci sentiremmo più infelici se  non ci provassimo nemmeno. Scusate questo post squallidamente retorico, ma anche se Berlusconi è riuscito a rubarmi il futuro, non ci è riuscito con i sogni.
Quelli non svaniscono, finché le persone non li abbandonano.


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