Primarie, non primarie. Congresso, non congresso. Forconi, non forconi. Mentre continua il mio personale “sciopero” sul commentare le vicende nazionali del PD, sembra che il tema del momento siano i giovani, grazie anche al bel discorso di fine anno del Presidente della Repubblica.
Peccato che i giovani siano sempre citati in contesti negativi, come la drammatica notizia di oggi con l’uscita dei dati sulla disoccupazione giovanile.
I rischi sociali – come perdere il lavoro, non avere alcun aiuto dello Stato, avere una paga da fame, probabilmente non avere una pensione o averla sotto la soglia di povertà, non ricevere formazione – sono tutti sulle spalle dei giovani.Una responsabilità troppo grossa per noi. È un problema totalmente ignorato dai governi passati, convinti sostenitori del welfare dei genitori e dei nonni. Ma la disoccupazione non è solo di quelli che stanno ancora a casa di mamma. Ci sono tantissimi giovani lontani da casa centinaia (migliaia nel caso dei lavoratori immigrati) di chilometri che hanno perso lavoro e non riescono ad andare avanti.
La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli oltre l’emergenza: fra i giovani (15-24 anni) il tasso di disoccupazione sale fino a un clamoroso 29%, con un aumento percentuale rispetto a novembre 2009 di 2,4 punti. Quasi un terzo di tutti i giovani. Il più alto d’Europa. Quasi 10 punti in più della media europea. Inoltre aumentano anche i neet , ovvero i giovani che non sono né occupati in un lavoro né inseriti in percorsi di studio o formazione («neither in employment, nor in education or training»). In Italia sono un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni, in larga parte diplomati e laureati:proprio le figure chiave per il rilancio dell’economia di un Paese. Invece non fanno semplicemente niente o sono ai margini della legalità , arricchendo le fila dei lavoratori “in nero”.Queste considerazioni ci fanno capire che come dice Irene Tinagli,” il vero buco nero del nostro Paese non è solo e tanto la struttura economico-produttiva, ma il sistema della formazione e la transizione dal mondo dello studio a quello del lavoro”. Questo è un dato devastante, un dato che dovrebbe far tremare ogni governo, ma che è terribilmente sottostimato. Un paese che non investe sui giovani è un paese destinato a morire.
Ma le nuove forme di lavoro atipico non dovevano drasticamente ridurre la disoccupazione?
Essere giovani significa anche essere ottimisti verso il futuro. Anche perchè qualcuno si sta muovendo in una buona direzione…
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