A volte le coincidenze sono proprio strane. Proprio ieri, mentre iniziavo la mia nuova esperienza di dottorato in “Scienze Politiche, Diritti Umani e Sostenibilità”, veniva pubblicata la relazione annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo. Non mi stupisce che i giudizi non siano stati teneri con il nostro Paese: “Razzismo e xenofobia sono ancora un problema pressante per l’Italia, un Paese nel quale il dibattito politico, troppo spesso, è segnato da toni accesi ed ostili“. Tristemente viene dedicato a noi un intero capitolo dove vengono ripresi in vergognosa rassegna fatti che abbiamo già dimenticato, sommersi dagli scandali del Premier. Su questo non desideravo così tanta attenzione.
Si parte con Rosarno, dove solamente 12 mesi fa ci fu una guerriglia che portò al ferimento di 11 lavoratori migranti. I penultimi contro gli ultimi. Ci siamo già scordati il motivo della protesta?Vi ricordo cosa scrissi un anno fa:
“Il lavoro nobilita l’uomo” si dice, ma essere schiavi significa perdere lo status di uomo. La rabbia degli immigrati di Rosarno, da condannare sicuramente, è frutto di una ribellione cercata per riprendersi la propria umanità, evadere dall’invisibilità e dare furiosamente un senso alla propria misera esistenza. E’ forse vita lavorare 12 ore al giorno per nemmeno 20 euro?E’ forse vita essere stipati come maiali, vivere nel fango, essere sfruttati come asini? E’ forse vita essere considerati bestie da sfruttare o bersagli per divertirsi? E’ forse vita quando non hai futuro? Giocando a parti rovesciate probabilmente nella loro condizione mi sarei unito a loro e forse avrei fatto anche di peggio. Perchè quando non hai nulla da perdere allora sì che si diventa pericolosi. Questi uomini sono macchine al servizio delle ‘ndrine, braccia da sfruttare per assicurare prodotti a basso costo e alto profitto. Gli immigrati di Rosarno sono bersagli mediatici facili: guardali lì, sporchi, mal vestiti, così neri. Come si permettono di scuotere il nostro quotidiano, come si permettono di ribellarsi? Se non viene gestita bene la spirale di violenza che si è inevitabilmente creata porterà solo altro dolore e disperazione. La caccia all’uomo nero è conseguenza diretta delle emozioni e di una fragilità di uno stato e di un comune (sciolto recentemente per infiltrazioni mafiose) che sono evanescenti, invisibili. L’orda incontrollata ha gambizzato e ferito selvaggiamente gli immigrati, senza trovare nessuna opposizione da chi dovrebbe le emozioni dovrebbe governarle.
Ma siamo solo al primo paragrafo del capitolo a noi tristemente dedicato nel rapporto sui diritti umani. Ovviamente non possono mancare i respingimenti, la politica di mostrare i muscoli verso i più deboli. Chissà dove sono finiti gli eritrei “spariti” nel Luglio 2010,come denunciavo in un mio vecchio post:
L’”emergenza Lampedusa” così cara ai leghisti e ai partiti di governo, è finita. Ma a quale prezzo? Un prezzo troppo alto: la morte di centinaia di uomini e donne. I conti sono semplici: dal 2008 al 2009 le domande d’asilo – che per la metà venivano accolte – si sono dimezzate (da 15.000 a 8000). E il calo continua nel 2010. C’è la sicurezza statistica che alcune migliaia di perseguitati non hanno potuto raggiungere le coste italiane e salvarsi. Alcune migliaia di persone. Una briciola rispetto agli ingressi illegali che infatti, via terra, continuano massicci. I respingimenti hanno bloccato solo i disperati che fuggivano da dittature feroci e dalle guerre. Stiamo assistendo inerti a un crimine contro l’umanità, con gli organi di informazione troppo occupati a preoccuparsi di Brancher e dei dissidi con i finiani. Spezziamo questo silenzio e chiediamo a Berlusconi, in virtù della sua amicizia con il dittatore Gheddafi, di esigere spiegazioni sulla sorte dei rifugiati eritrei. Perchè non si può “semplicemente” sparire, perchè ci si deve ancora indignare, perchè non possiamo tacere di fronte alle violenze.
Un caso isolato? Magari. A Settembre abbiamo avuto un altro episodio che ci ha fatto capire le reali intenzioni del Governo nei confronti dei clandestini:
Le navi di Gheddafi sparano raffiche di mitragliatore a un motopeschereccio italiano in acque internazionali. Il capitano dice “abbiamo rischiato parecchio, sia di venire ammazzati che di venire incarcerati nelle tremende prigioni libiche”. D’altra parte sono queste le regole d’ingaggio delle navi di Gheddafi. Prima sparare, poi verificare. Il ministo Maroni minimizza: “Io – spiega – immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini. Ma con l’inchiesta verificheremo ciò che è accaduto”. Quello che mi ha sconvolto è la naturalezza con la quale un ministro della Repubblica afferma che “pensavano fossero clandestini”, come se fosse lecito e normale uccidere i disperati che tentano la traversata, in contrasto con ogni norma internazionale per il rispetto dei diritti umani. Un linguaggio violento e terrificante che ormai serpeggia nella politica creando danni socio-culturali enormi. Qualcosa che dovrebbe far rabbrividire ogni persona dotata di minima sensibilità. Quello che mi preoccupa come uomo, come cittadino del mondo, è capire che fine hanno fatto questi ” pericolosi clandestini”; se vengono segregati nelle galere libiche, se vedono la loro barca affondata da una motovedetta di Gheddafi regalata dagli italiani, se vanno incontro a realtà peggiori di quelle dalle quali sono fuggiti
Il report conclude con la diffusa intolleranza verso i Rom, la non-sospensione dei poliziotti ritenuti colpevoli di violenza durante il G8 di Genova e i continui avvertimenti della comunità internazionale per cambiare rotta.
Un quadro desolante, che ci riporta alla dura realtà. L’Europa, la culla dei diritti umani, ha un virus in seno. Il virus dell’ignoranza, della paura, dell’intolleranza, alimentato da partiti politici che giocano su questi sentimenti per ottenere l’esercizio del potere. Troppo poco è stato fatto per fermare la deriva razzista e xenofoba. Troppo poco è stato fatto per frenare il “lessico” discriminante di certi personaggi politici, che hanno sdoganato termini e frasi che non sentivamo da tanto tempo. Troppo poco è stato fatto per gestire al meglio l’arrivo in massa degli stranieri, pericoloso soprattutto durante gli anni di crisi.
La superficialità e l’odio con il quale viene trattato il tema dell’immigrazione richiede uno sforzo comunicativo maggiore da parte dell’opposizione (quindi da parte anche del Partito Democratico):sbugiardare questa politica fatta di spot e proporre un’alternativa seria, rispondere al pacchetto sicurezza col pacchetto integrazione. L’Europa deve essere motore di questo cambiamento, deve tornare ad essere l’esempio illuminante al quale gli altri Stati devono tendere.
Non è utopia aspirare a un mondo dove ci sia un maggior rispetto dei diritti umani. Invece di guardare a Stati lontani, dovremmo iniziare a guardarci intorno e ripensare, contestualizzandolo, a un vecchio premio Nobel afroamericano:
Ho un sogno, che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: “Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali”. […] Ho un sogno, che un giorno, sulle rosse colline della Calabria, i figli africani e i figli degli italiani riusciranno a sedersi insieme al tavolo della fratellanza. Ho un sogno, che un giorno persino l’Italia, uno stato che soffoca per l’afa dell’ingiustizia, che soffoca per l’afa dell’oppressione, sia trasformato in un’oasi di libertà e di giustizia. Ho un sogno, che i miei futuri bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non siano giudicati in base al colore della loro pelle, ma in base al contenuto del loro carattere.
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