Ieri notte Obama ha tenuto il discorso sullo Stato dell’Unione, un evento che si ripete annualmente nel quale il presidente degli Stati Uniti D’America parla al congresso del futuro del Paese, analizza le scelte compiute e il percorso da intraprendere.
Un discorso di alto livello, da statista, dove Obama con molta umiltà ha parlato degli errori compiuti, ma ha anche tracciato il lavoro dei prossimi mesi, sottolineando la priorità delle riforme che intende perseguire. Ambiente, innovazione, ma soprattutto “jobs“: occupazione, il problema più sentito dagli americani. Non ha paura della Camera passata nelle mani dei Repubblicani e rilancia su punti molto cari al suo elettorato.
Un milione di auto elettriche entro 4 anni, banda larga che copre il 98% del paese, miglioramento del sistema scolastico. Esattamente le stesse priorità del nostro governo (sic). Semplici linee guide che vanno verso il futuro, utili per capire come affrontare le nuove sfide mondiali.
Ci sembra così strano a noi questo bellissimo esercizio di democrazia, dove il detentore del potere esecutivo relaziona in un altro organo democraticamente eletto nel rispetto reciproco. Noi così abituati a subire il futuro dell’Italia attraverso frasi ad effetto dette nei luoghi più diversi, senza organicità, senza riconoscimento dell’assemblea che detiene il potere legislativo: il Parlamento. Noi, campioni delle riforme a parole, non sappiamo disegnare il futuro del nostro paese.
Non sarebbe “normale” vedere Berlusconi raccontare la sua visione d’Italia e ripercorrere le decisioni passate cercando di dargli un senso? E’ troppo difficile restituire dignità a un Parlamento ormai mortificato e costretto a subire e votare senza cambiamenti decine di decreti legge?
Ma Camera e Senato al momento sono occupati in faccende più importanti…
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