Mentre vengono dati i primi permessi di soggiorno temporanei, validi 60 giorni, continua il viaggio nell’accoglienza. Dopo S.Croce e Montopoli, la terza tappa è San Piero
Per chi va al mare passando dalla Bigattiera è familiare vedere un caseggiato in mezzo ai campi. Dopo varie ristrutturazioni adesso è di proprietà dell’Università che lo utilizza per i suoi scopi. È qui che è stato creato un altro centro di accoglienza. Arriviamo a metà mattinata e gli ospiti ci aspettano già fuori, a sedere, desiderosi di parlare e di domandare. Vediamo le recinzioni, novità della giornata, perché anche se dal volto umano sono sempre dei centri di identificazione. Le reti sono comunque provvisorie, improvvisate, messe lì per formalità e non per incutere terrore. Quattro poliziotti e due guardie forestali arrostiscono al caldo, chiedendosi il perché della loro presenza.
Il sole picchia forte in questa domenica d’Aprile e i tunisini ne approfittano per stendere i panni all’aperto. Appeso al muro un foglio scritto in arabo con le attività della giornata. Non so se sopra vi è scritto anche “partita di calcio”, ma a rispondermi è la vista di un pallone nell’angolo, ormai costante di ogni centro.Un ragazzo ha la gamba gonfia e l’appoggia su una sedia; ha un osso rotto dovuto a uno scontro di gioco. Evidentemente stare troppo sulle navi li ha caricati troppo e appena possono fare un po’ di attività fisica si scatenano, liberandosi di pensieri, memorie e tensioni. Non importa se ai piedi hanno scarpe senza lacci o distrutte dal tempo e dal viaggio. L’importante è provare a divertirsi.
Ognuno ha un badge che mostrano con soddisfazione e felicità. Quali sono i problemi che hanno in comune con gli altri tunisini sparsi per la Provincia? Molti di loro hanno la loro moneta, i dinari, che vorrebbero spendere per essere autosufficienti. Ma nessuna banca effettua il cambio in euro, perché preoccupate di ritrovarsi con una moneta non valida, essendo la Tunisia economicamente molto fragile e con il futuro incerto. Molti tunisini si trovano nella condizione di avere denaro che in realtà è carta straccia, vista l’impossibilità di usarli. Ma i soldi servono soprattutto per cercare di chiamare casa. La famiglia che rimane in Tunisia è il punto di contatto con tutti gli altri parenti sparsi in Europa. Per questo diventa vitale per loro riuscire a parlarci, anche per dare notizie della loro salute. Parenti e fratelli divisi a Lampedusa o sulle barche non sanno il destino dei propri familiari, che non hanno cellulare. La famiglia in Tunisia rimane il centro gravitazionale della loro vita. Per questo la Società della Salute metterà a disposizione un punto internet mobile per chiamare con skype, mentre la Croce Rossa offre il suo sistema di messaggistica internazionale.
Ma cosa vogliono fare una volta ottenuto il permesso di soggiorno? Alla domanda posta dai parlamentari il gruppo si guarda intorno; molti sanno la risposta, altri ancora no. Alcuni dichiarano sinceramente che se trovano lavoro si fermano anche qui. A quel punto prende la parola Maref, il quale rivolge una domanda banale ma spinosa: Perchè non ci aiutate a trovare lavoro? Forse la giacca e la cravatta dei deputati li ha fuorviati, ma anche per loro la politica è il modo migliore per risolvere i problemi, in un modo o nell’altro.
Cerchiamo di spiegargli la difficile situazione del nostro paese, che magari non conoscevano, addolcita dai racconti e dalla televisione. Appena apprese le difficoltà che stiamo vivendo anche noi, alcuni ragazzi abbassano la testa. Forse devono cambiare i loro piani, forse devono trovare altri stimoli, forse non hanno fatto i conti con le nostre crisi.
Ma ci sono anche notizie buone da diffondere. Come la storia dell’operatore ecologico dell’AVR, che passando di lì il primo giorno quando arrivò il gruppo, si è reso disponibile come interprete e intermediatore culturale. La sua preziosa competenza è stata utilissima, ed è rimasto ad aiutare, volontariamente, anche nei giorni successivi. Anche stamani è qui, sorridente, cercando di aiutare Khalid a tradurre le parole delle persone migranti.
E poi c’è la bella storia di Abidjan jihed, un ospite del centro. Lui è parente di un altro ragazzo che si trova a Santa Croce, ma siccome erano stati divisi durante il viaggio non sapevano la sorte l’uno dell’altro. Adesso possiamo rassicurarli, entrambi sono nella Provincia di Pisa e potranno riunirsi presto.
Un lieto fine necessario, per dare un po’ di umanità a un’amara emergenza.
Dal nulla appaiono due torte. Ma la prima fetta la vogliono dare a noi, per ringraziarci dell’ascolto che gli abbiamo dato.
Con un sorriso rifiutiamo, è tempo di muoversi verso il parco di San Rossore per l’ultima tappa del viaggio nel Modello Toscano.
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