Indignatevi è il caso letterario del momento. Uscito in Francia nel Dicembre 2010, “Indignez-vous!” è l’urlo di una generazione che voleva cambiare il mondo e si è ritrovata invece una società frammentata, dove “l’interesse particolare prevale su quello generale” e “non c’è nessuna prospettiva di sviluppo sostenibile”.
Portavoce di questa rabbia è Stephane Hessel, ex partigiano diversamente giovane (93 anni), con una storia che non ha bisogno di essere romanzata per essere emozionante. Scappato tre volte da diversi campi di concentramento nazisti, impegna la sua vita nella carriera diplomatica, lavorando alle Nazioni Unite e nella commissione che poi stilò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
In questo breve pamphlet, più una raccolta di pensieri che un libro vero e proprio, il partigiano francese ci racconta quale visione aveva pensato di tramandare dopo le lotte partigiane: una società “volta ad assicurare mezzi di sostentamento a tutti i cittadini, un’equa distribuzione delle ricchezze prodotte dal lavoro, una stampa libera e un’istruzione progredita” Questi erano gli ideali usciti dalla Resistenza francese, generati dall’indignazione provocata dai sistemi totalitari e dalle barbarie della Seconda Guerra Mondiale.
Ma oggi purtroppo non è così. Adesso vince il “me ne frego”, l’arte di arrangiarsi, l’indifferenza, considerat a da Hassel il peggiore degli atteggiamenti, che “ci fa perdere la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue”. C’è la paura che l’ineguaglianza sociale, l’intolleranza verso l’altro, il disprezzo dei più deboli e della cultura, la competizione sfrenata, siano i germi per un ritorno al fascismo o altri totalitarismi.
Ma come possono le nuove generazioni tornare a lottare per un mondo più giusto e libero?
Ai giovani viene chiesto di ritornare a quel sentimento di indignazione, motore di libertà e di conquiste sociali, per provare a cambiare nuovamente le storture di questo mondo.
“Disubbidire” a chi ci vuole imporre un modello di società lontano dalla scuola pubblica, asservita al denaro e poco attenta allo sviluppo della creatività e dello spirito critico. “Siamo tutti responsabili di quello che non abbiamo saputo evitare” diceva Sartre, professore di Hassel.
E l’individuo ha la grande possibilità di andare verso una “maggiore libertà e una maggiore giustizia” muovendo le stesse sensazioni anche negli altri individui, per una maggiore consapevolezza collettiva.
Secondo l’intellettuale francese possiamo già individuare due grandi sfide che richiedono la nostra mobilitazione:
1) L’immenso divario tra ricchi e poveri, che sta aumentando sempre di più
2) I diritti dell’uomo e lo stato del pianeta, schiacciati dall’individualismo sfrenato
“In un mondo che ha superato il confronto delle ideologie, il messaggio di uomini come Martin Luter King, è assolutamente attuale. Il loro è un messaggio di speranza , speranza che le società moderne sappiano superare i conflitti attraverso una comprensione reciproca e una pazienza vigile. per riuscirci occorre basarsi sui diritti; e la violazione di questi, non importa per mano di chi, deve provocare la nostra indignazione.
Hassel, grande fautore della non-violenza, ritiene che la speranza sia la soluzione a ogni conflitto, insieme alla capacità di evitare l’accumulo di troppo odio. La violenza volta le spalle alla speranza,che è il vero motore di ogni rivoluzione o insurrezione, una massima che si può sintetizzare in questa frase: “Non bisognerebbe esasperare, bensì sperare. L’esasperazione è un rifiuto della speranza.”
Hassel, nonostante la rabbia che trasuda dalle sue parole, chiude il pamphlet con un messaggio di affetto alle nuove generazioni che faranno il XXI sec: “creare è resistere, resistere è creare”.
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