Da una parte c’è uno degli amministratori più innovatori e competenti d’Italia: Enrico Rossi. Fra le tante ha appoggiato convintamene tutti e 4 i referendum, ha varato un progetto per l’autonomia dei giovani da 300 milioni, con stage e tirocini retribuiti per combattere lo sfruttamento, ha scelto un modello d’accoglienza ai profughi basato sull’umanità e non sul filo spinato, ha abolito l’indennità nei CDA delle società pubbliche e ha introdotto un gettone di presenza di 30 euro, ma soprattutto ci rende orgogliosi di vivere in questa magnifica terra che è la Toscana. Pochi giorni fa si è sottratto dal perverso gioco di essere etichettato in un gruppo o corrente: “Io sono Enrico Rossi presidente della Regione. Prendo le mie decisioni in autonomia e me ne assumo le responsabilità senza santi in paradiso e senza debiti”
Dall’altra parte c’è uno dei politici più visionari, competenti e generosi che il PD può offrire: Giuseppe Civati. Da sempre sostenitore dei referendum, instancabile lavoratore su temi come la lotta al precariato e la riforma del mercato del lavoro, le politiche di cittadinanza, il sostegno alla scuola pubblica, le misure per l’energia e per i servizi di pubblica utilità, l’abbattimento dei privilegi della politica, il riconoscimento di diritti civili di standard europeo.
Fino ad oggi li ha divisi la stampa e la disinformazione. Poi si sono annusati e hanno scoperto di parlare la stessa lingua e di volere le stesse cose. Rossi e arancioni insieme. Mi aspetto grandi cose da loro e spero che si possano incontrare presto, magari già questa Estate in una delle tante feste democratiche della Toscana. Così, per conoscersi ancora meglio e rilanciare proposte condivise.
Perché quando si comincia a parlare oltre il nostro ombelico, le etichette cadono e scopriamo di sognare la stessa Italia.
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