Il primo giorno di scuola deve essere la data più importante del calendario della prossima Italia. Non dimentichiamolo. E diciamolo, soprattutto, perché di scuola si parla troppo poco. E molto male, anche.
Così Pippo Civati aggiorna il suo status di Facebook oggi, mentre inizia un nuovo anno scolastico difficilissimo. Abbiamo sempre accusato il Governo e la ministra Gelmini di aver “smantellato la scuola pubblica”, senza mai spiegare nel dettaglio cosa significhi. Ora possiamo farlo con dati crudelmente reali. I finanziamenti alle scuole dati dal Governo per le attività degli istituti è stato ridotto del 40%, quasi la metà. Cosa significa?
E i presidi sono costretti a chiedere aiuto ai genitori. Oltre alle spese per il personale, che paga lo stato, le istituzioni scolastiche ampliano l’offerta formativa con una miriade di attività e servizi aggiuntivi che in futuro dovranno pagarsi le famiglie. Basti pensare al servizio pre e post-scuola, che consente ai genitori che lavorano di accompagnare in anticipo e prelevare in ritardo a scuola gli alunni delle materne e delle elementari, alle attività di recupero e sostegno per gli alunni in difficoltà e a quelle per i disabili. Fondi che sono usati anche per il potenziamento della lingua straniera, le gite scolastiche, le attività teatrali e di cineforum e per quelle alternative alla Religione cattolica. (Repubblica.it)
Questo è lo smantellamento della scuola pubblica: non garantire a tutti gli studenti le stesse possibilità e la stessa formazione. Hanno osato chiamare “riforma” una serie di tagli fatti nemmeno con l’accetta, ma con la motosega (per sottolineare la sprecisione e la violenza). Non hanno nemmenorisolto il problema del sovraffollamento delle aule, che scoppiano. Classi di 35/37 alunni, chiaramente non in regola secondo un decreto ministeriale del 1992, che fissa a 25 il tetto massimo di studenti. Mi domando come sarà possibile offrire un’istruzione di qualità in queste condizioni. E la sicurezza?
In questa giornata, che dovrebbe essere di gioia e di speranza, il mio pensiero va a tutti gli insegnanti, tra cui mia madre, sempre più lasciati soli e privati di ogni supporto. E’ difficile riuscire ad essere un buon formatore, preparare i ragazzi ad affrontare la vita e il futuro, quando non sei messo nelle condizioni di farlo. Quando hai di fronte classi in soprannumero, ed è difficile riuscire a tirare fuori il meglio di ognuno. Quando non hai gli strumenti per farlo e ti mancano perfino i gessetti per scrivere alla lavagna. Quando non c’è la volontà di aggiornare le competenze, aumentando il gap tra studente e docente. Quando hai perso gli stimoli e la passione. Quando insegnare ha perso la sua dignità morale e la sua fondamentale funzione sociale.
La scuola non si può ridurre a una merce da tagliare in tempi di crisi. Parafrasando un famoso detto: se l’istruzione costa, non avete idea di quanti danni provochi l’ignoranza. Partiamo dalla scuola per riprenderci il futuro.
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