Perché non credere alle agenzie di rating

La “simpatica” agenzia di rating Standard&Poor’s ha declassato il debito italiano, causando un allarmismo ancora più accentuato nelle borse internazionali, ma soprattutto rendendo la politica e l’economia italiana ancora più fragile. Ma cos’è il rating e cosa significa per noi? ll rating è un voto espresso in lettere che esprime l’affidabilità di una azienda, Stato o governo locale che emette un titolo di debito. Indica la capacità di ripagare quel debito e di conseguenza la rischiosità dell’investimento.

Abbassare il rating  significa considerare l’Italia un paese dove non si dovrebbe investire, destinato al fallimento, perchè incapace di ripagare il suo debito. Potete immaginare che risvolti potrà avere nell’economia globale.

Adesso potrei inserire il pistolotto contro Berlusconi: incapace di governare, ci ha portato sull’orlo del disastro…bla bla bla… Vorrei soffermarmi invece sulle agenzie di rating e sul loro ruolo. Queste agenzie private, che si basano sul (loro) profitto, stanno decidendo le intere sorti del globo con i loro giudizi. Un altro polverone fu sollevato a inizio Agosto quando la stessa agenzia di rating, la S&P, declassò il debito americano, sancendo di fatto la fine del mito a stelle e strisce, non più il paese stabile e affidabile che era sempre stato.

Ma perché bisognerebbe fidarsi di queste agenzie? Questa enorme situazione instabile che stiamo vivendo è figlia della crisi del 2008, dove S&P, insieme alle altre agenzie di valutazione, giocò un ruolo fondamentale nel causare quel disastro, dando un giudizio ottimo (AAA) agli investimenti basati sul debito contratto per un mutuo che poi hanno scatenato la serie di insolvenze che ha portato alla crisi. Non solo, le agenzie di rating avevano dato una bella A alla Lehman Brothers solamente un mese prima del suo tracollo.

Più in generale le agenzie di rating si limitano a seguire il mercato, non dando giudizi approfonditi e organici sul perché di una valutazione negativa. Si limitano a ripetere quello che sentono dire. D’altra parte il motivo del downgrade (abbassamento) si limita a questa affermazione “la fragile coalizione di governo e le differenze politiche all’interno del Parlamento comntinueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne”. Evviva, il Re è nudo.

Il problema politico resta: avere un Governo che piuttosto di  cedere preferisce continuare a guidare nella tempesta, andando sempre più a fondo, non aiuta a migliorare la nostra credibilità.

Ma se vogliamo costruire un futuro, un post Berlusconi, un post crisi, un post turbo capitalismo, bisogna raddrizzare le storture. E le agenzie di rating sono un prodotto distorto e iniquo. Perché è chiaro che quando le agenzie di rating o le organizzazioni sovranazionali mettono sotto tiro una intera economia lo fanno guardando alla capacità di quella economia di produrre profitti a breve, della sua capacità cioè di essere presente positivamente sui mercati dell’azzardo e non sulla capacità di fare profitto soltanto vendendo i prodotti che si fabbricano o si inventano. Il mondo della finanza è dominato dall’avarizia, dal profitto facile, che piano piano ha tolto sovranità politica ai paesi.

Non sono più i cittadini che valutano il proprio governo, promuovendolo o sostituendolo alle elezioni, ma adesso sono piccoli gruppi di affaristi dominati esclusivamente dalle logiche di guadagno.

Mi sembra sia arrivato il tempo di andare oltre. Ridare alle politica, quella buona, la possibilità di modificare le storture di questo sistema. Dovevamo farlo ieri, possiamo farlo adesso. Come diciamo da un po’ di mesi, le cose cambiano, cambiandole.


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