In questi pochi anni di attività politica mi hanno insegnato che il compito dei partiti è sempre stato quello di tracciare il futuro, capendo il presente, ma senza scordare il passato. Nei partiti il tempo si dovrebbe fondere armonicamente, non essere uno strumento di contrasto e di lotta interna. Perchè nella lotta del passato contro il futuro a rimetterci è sempre il presente.
Un presente che è già difficile, oscuro, senza prospettive.
Politicamente non ho passato, sono figlio del presente, sono nativo democratico. Non ho conosciuto i partiti del secolo scorso. Nell’89 l’unico muro che volevo crollasse era quello che mi separava dal campo di calcio dietro casa. Per me il ricordo del ’94, l’anno in cui è cominciata questa nuova era politica, è stato quella maledetta traversa di Roberto Baggio durante i mondiali di Calcio negli Stati Uniti.
In questo presente, che dura da 17 anni, c’è sempre stato lui, insieme a tanti altri suoi amici, e qualche nemico, che hanno scandito la realtà italiana. 17 lunghissimi anni. Ma nel futuro no. Il futuro è qualcosa di bianco, di non scritto, qualcosa che possiamo riempire. Il futuro può e deve essere nostro.
Ma per passare al futuro bisogna stancarsi di questo presente. Essere stanchi di tagli fiscali per i ricchi che trasferiscono il fardello sulle spalle di chi lavora. Essere stanchi di aspettare per l’introduzione del salario minimo, mentre i compensi per i manager salgono alle stelle. Essere stanchi di sentire parlare di flessibilità senza sicurezza, di sempre più italiani che diventano poveri, sempre più giovani con il cervello e le qualità per lavorare ma senza le possibilità per farlo. Essere stanchi di questa economia che ha legalizzato l’avidità, il fare soldi con i soldi per i soldi,con un evidente controsenso logico. Essere stanchi di questa politica del tifo, dove ti devi schierare per forza con qualcuno e cominciare a offendere l’altro.
In tutto il mondo, una generazione di giovani sta protestando. La prima protesta globale, che comprende tutti i continenti. Giovani che non sono prigionieri delle vecchie paure e dei vecchi odi, che possono lasciarsi alle spalle i vecchi slogan, le vecchie delusioni e i vecchi sospetti.
Di me e della mia generazione, nati in questo presente, dicono che siamo post-ideologici, che non crediamo più in niente, che quelli di vent’anni fa sì che erano partiti veri, con forti ideali, illustri profili, grandi esempi di virtù. Può essere anche vero,non sta a me giudicare, ma quello non è il mio tempo. Non posso provare nostalgia per un tempo che non ho mai vissuto. Posso però parlare con le generazioni precedenti, costruire un percorso comune oggi. Perchè questo è il nostro tempo, il tempo di tutti, giovani e meno giovani. Perché ci sono vecchie giovinezze e giovanissime vecchiaie. E non è vero che siamo post-ideologici. Forse non siamo più credenti, forse non siamo più obbedienti, ma siamo decisamente più liberi e più sognatori. Non è più il tempo della politica “dei fedeli”. Siamo nell’era degli “scettici”. Non privi di valore, ma con il bisogno di buone ragioni e ideali per partecipare, aiutare e contribuire. Perchè se vale la pena di rischiare, io mi gioco anche l’ultimo frammento di cuore, come diceva un famoso ribelle argentino.
E allora diamola una speranza a tutti. Ai nostri militanti ed elettori del passato, del presente e del futuro. In questo momento che vede i partiti molto distaccati dagli italiani, facciamo vedere che da noi tutti possono partecipare. Un partito dove vieni ascoltato anche se non sei dirigente, perchè le buone idee non hanno gerarchia. La risorsa più preziosa che possiamo chiedere agli altri non sono i soldi, ma il tempo. Il tempo sottratto agli affetti, allo svago, al lavoro. Un partito di soli dirigenti non è possibile. Non bisogna cercare un’etichetta in più, una carica da mettere accanto al nostro nome. Non è quello che ci serve oggi. Questo progressiva lotta di posizionamento ha allontanato le persone dalla politica attiva, togliendo linfa vitale a un partito come il nostro che prende corpo e forza dalla passione e dal tempo speso dai suoi militanti e dagli iscritti.
Senza una partecipazione attiva, senza il sostegno di molti, siamo un organismo vuoto, autoreferenziale, un corpo senza il sangue che lo rende vivo.
Per ridare la scossa e rilanciare il nostro lavoro occorre ritrovare il senso di appartanenza, il senso di stare in una comunità, sentirsi protagonisti di qualcosa di concreto e tangibile.
Per fare questo bisogna abbattere le barriere che ci sono tra gli organi esecutivi e i singoli militanti, contaminarsi il più possibile e conoscerci meglio. Siamo un partito plurale, ed è normale che ci siano molte posizioni . Sta al segretario sintetizzarle, confezionarle e saperle comunicare al meglio. Invece il paradosso attuale è che noi siamo divisi sui nomi e non sulle idee. Ci incolonniamo in quella o quell’altra casella, senza possibilità di sfuggire a queste etichette. Siamo valutati sulla persona/corrente alla quale “apparteniamo”. L’ossessione dell’identità. Questo parlarsi addosso e contro, sempre “ex” qualcosa. Ma come, Berlusconi è stato tanto bravo a far dimenticare di essere stato ex qualsiasi cosa, dai socialisti alla P2, e noi qui a menarcela con le eredità del passato, invece di studiare il futuro.
Perchè vorrei davvero che i numerosi eventi politici di questo mese siano visti dall’esterno non come posizionamento interno, come una guerra fratricida, ma come sintomo di democrazia e di stimoli per superare questo dannato presente.
Fuori non ci aspettano. Mentre noi pensiamo alla matematica, a sommare i voti, a incolonnare persone, la fuorì esplode la biologia con tutte le sue passioni, i suoi sentimenti. Rabbia, indignazione, disperazione. La chiamano antipolitica. Io credo che sia il contrario, ovvero desiderio di politica quella buona, quella che non urla, quella non “contro” qualcosa, ma “per” qualcosa.
Essere presenti ovunque si parli di lotta alle diseguaglianze, di democrazia partecipativa, dell’uso sociale di Internet, di istruzione e di ricerca. Abbiamo immense praterie davanti, persone che aspettano un po’ di chiarezza. Noi non possiamo tradire la loro fiducia. Facciamo vedere che non possiamo rinunciare a provare.
Mi potreste obiettare: ma non hai parlato dei contenuti, delle proposte. Già, le mitiche proposte. Le idee ci sono, le proposte anche, scegliamo insieme quelle più valide e comunichiamole con forza. A volte sembra che siamo i primi a non credere a quello che diciamo. Se non riusciamo a farci capire tutta la discussione interna sarà solo tempo perso.
C’è solo un modo per dimenticare il tempo che passa: impiegarlo nel modo migliore.
Oscar Wilde diceva: Any fool can make history, but it takes a jenius to write it. Ogni stupido può fare la storia, ma solo un genio può scriverla.
Il nostro genio è la forza collettiva. La forza dei diritti dei molti contro i privilegi dei pochi. Perchè questo è in fondo l’essenza della democrazia e del nostro nome.
[PD] Ogni stupido può fare la storia, ma solo un genio può scriverla.
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