15 anni di Berluscon-leghismo non si cancellano così facilmente. Quello che è successo sabato scorso a Torino dovrebbe far riflettere di più. La rabbia degli ultimi, che incapaci di prendersela con i primi, si sfogano con gli ultimissimi, gli emarginati, i reietti. Quelli sporchi, quelli che rubano, quelli che vivono nelle baracche.
Come dice Ilda Curti, assessore all’integrazione di Torino, in un post magistrale in quanto a sensibilità e lucidità:
Quelli per cui la ricerca di soluzioni socialmente sostenibili si scontra con la fatica che facciamo, noi istituzioni locali e società civile della città, a trovare delle vie contando quasi esclusivamente sulle nostre forze. Assediati fino a ieri l’altro da un governo che stanziava soldi, e tendenzialmente alle amministrazioni amiche, fondamentalmente per sgomberare muscolarmente senza risolverne nemmeno uno di problema. . Dove si può scrivere una notizia che accende i fuochi del conflitto senza avere verificato prima, pur sapendo che basta pochissimo per incendiare. Perché è così facile trovare il colpevole in quegli occhi stretti che non vale nemmeno la pena usare cautela, prudenza, ragione. Poi si chiede scusa, va bene. Ma ormai la ferita fa male, malissimo.
Fa malissimo. Soprattutto in una città come Pisa che con grande difficoltà sta provando a gestire le emergenze sociali, senza risorse e abbandonati dall’amministrazione centrale.
Anche noi abbiamo avuto i nostri momenti di follia, a partire dalle bombe giocattolo di 16 anni fa, esplose nelle mani di bimbi rom, colpevoli di appartenere a un’etnia così diversa dalla nostra, fino ad arrivare al clima xenofobo che si percepiva in città la scorsa Estate a seguito di un caso simile di falso stupro.
I cittadini ci chiedono soluzioni forti, muscolari, non capendo che il problema non si risolve facilmente. Ma richiede tempo, risorse e un notevole supporto da parte della società civile. Come amministrazione siamo costretti a perseguire obbligatorie regole di legalità e convivenza, che troppo spesso non trovano un consenso ampio. Politiche difficili, che cercano di studiare caso per caso, senza perseguire un consenso immediato, ma che possono avere risultati positivi in quanto a integrazione e ingegneria sociale. Però , come dice Antonio Sconosciuto su Facebook, che lavora direttamente ogni giorno sui problemi sociali della città:
facciamo tutto questo, ma da soli. Contro c’e’ la cultura prevalente, i pregiudizi e tutte le contraddizioni della nostra società. Dieci anni fa abbiamo lottato perche’ le scuole denunciassero gli abbandoni scolastici dei rom, oggi sulla scuola abbiamo risultati importanti, a volte ancora contraddittori, ma nelle classi troppo spesso la presenza di bimbi rom e’ sentita come un problema dai nostri cittadini. A Coltano se si guarda il villaggio, non sembra che possa essere abitato solo esclusivamente da rom, eppure e’ cosi’ e non e’ diverso da come poteva essere un quartiere popolare quarant’anni fa (e qui gia’ sento che faremmo fatica a dirlo anche se e’ oggettivamente cosi’). Certo c’e’ l’accampamento accanto, ma le case sono tenute in modo dignitoso, come dignitosamente molti hanno abitato in appartamenti. Qualcuno in qualche occasione ne ha approfittato, e’ vero, e facendolo ha fatto male a tutta la comunità e all’amministrazione comunale. Lo abbiamo allontanato, o lo stiamo allontanando, eppure la colpa tende a ricadere sempre sull’intera comunità e sull’inefficacia dei processi d’integrazione che pero’, lo sappiamo tutti, mai come in questo caso hanno tempi lunghi e si misurano sulle generazioni, non in pochi anni. Le contraddizioni poi che frenano un processo simile sono infinite: quelle legate al costo esorbitante della casa, alle opportunità e al costo del lavoro (l’economia criminale paga subito e meglio, inutile dirlo), ai tagli alle politiche sociali fatte dal governo, alla legislazione sull’immigrazione e potrei continuare fino a scrivere un libro, ma il problema principale resta che non c’e’ una politica nazionale vera e coerente perche’ non c’e’ coscienza dell’enorme violazione dei diritti fondamentali che tutti i giorni in mille modi diversi avvalliamo o tolleriamo con la nostra disattenzione. Sarebbe davvero l’ora di diventare intolleranti, ma verso la nostra superficialità. Cosi’ non e’, e, temo, così non sara’.
Come Ilda chiedo anche io scusa. Anche io sono colpevole. Colpevole di troppa omertà.
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