Finalmente ieri ho trovato il tempo per leggere “Un grande paese” di Luca Sofri. Come dice la quarta di copertina,”Un grande paese” è la definizione che vorremmo poter dare dell’Italia, senza che ci scappi da ridere. Luca Sofri, giornalista chiaro e sagace, ci racconta come attraverso il miglioramento di noi stessi è possibile cambiare il paese. Nel libro non ci sono proposte tecniche, nuovi modelli di sviluppo economico, la soluzione definitiva ai problemi dell’Italia. Questo libro non parla contro nessuno, non ricorda errori altrui e non cerca colpevoli. Ma attraverso citazioni pop (e non) vuole darci degli stimoli di riflessione, capire perché siamo schiavi di certe parole, di certi stereotipi, di certi meccanismi viziosi.
Partendo dal presupposto che “il proprio paese” serve. Se non altro perché qualcuno deve pur vergognarsi quando va a rotoli. Tutti hanno il diritto di essere patriottici, ma come diceva Pertini: “amo la mia patria, ma anche quella degli altri”.
Ma cosa ci unisce in questo paese così strano, di lotta e di governo? Sofri dice che l’elemento comune non è la nostra storia, fatta di troppi episodi oscuri, ma è il senso degli italiani per la bellezza, quello che ci ha permesso di avere il paese con il più grande numero di beni culturali del mondo, evitando però di fossilizzarsi sul passato, perchè la nostra cultura può anche essere quella che costruiremo in futuro. La cultura come collante del paese.
Ma per ripartire è necessaria ovviamente anche una nuova politica. Con un suggerimento mutuato dal giornalista americano Friedman: “non votate per il candidato con cui berreste volentieri una birra, ma per quello che vorreste avere accanto quando dovrete chiedere alla banca un’estensione del mutuo”. La scelta dei politici che ci rappresentano è per Sofri fondamentale per il futuro del paese: “prima si votava per persone che credevamo migliori di noi, adesso siamo passati a votare per persone che ci sembrano uguali a noi, che raffigurano i nostri difetti”.
I politici devono essere in grado di nuotare controcorrente, di denunciare gli errori commessi, di insistere con maggior forza su un problema quanto più risulta sgradito.
Ma ogni cittadino deve impegnarsi per migliorare il paese, partendo dal dovere di informarsi. Come diceva Gobetti: “educare se stessi, per educare gli altri”, evitando di aver paura di sembrare ignoranti o umili. Non votare qualcuno e chiedergli di cambiare il mondo, ma cercare di cambiarlo assieme a lui. In questa società così dinamica e veloce non c’è più la possibilità di delegare.
Insomma, conclude Sofri, per avere “un grande paese” bisogna cominciare a lavorarci subito, domattina, e anche sul presto.
Un grande paese
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