[Transparency week] Un paese a corruzione zero

C’è un numero che mi è rimasto impresso negli ultimi mesi: 4. Questa è la percentuale di fiducia che gli italiani hanno nei partiti. Un numero che mette a disagio e a rischio la democrazia, in quanto secondo l’art.49 della nostra Costituzione i partiti determinano la politica nazionale. Come è possibile aumentare questi numeri? Come è possibile tornare a un “sano” rapporto tra politica e cittadini?

La risposta è la trasparenza. Declinata in molti modi. Ma come si fa? Da oggi, per una settimana, piccoli spunti per arrivare a un paese “normale”.

A partire dalla lotta alla corruzione.  Civati spiega perché c’è bisogno di politiche di trasparenza e perchè è necessario vederci a Canossa (prossimo sabato 3 Marzo): 

I numeri, si sa, sono spesso la migliore fotografia di un fenomeno. Alcuni numeri, però, hanno più la consistenza di una lapide che di una foto. E risvegliano le coscienze. E ci chiamano alla reazione.

Nelle stime della Banca mondiale e della Corte dei conti, la corruzione costa al nostro Paese 60 miliardi di euro l’anno, più di una manovra finanziaria, per capirci: una tassa occulta che ricade evidentemente sul cittadino chiamato a pagare 1.000 euro l’anno di tasse in più pagate per far fronte ai costi indebiti sostenuti o per far fronte agli introiti non realizzati dallo Stato a causa della corruzione. C’è una stima – recentemente ripresa in un interessante libro di Nunzia Penelope – che più di ogni altra dà l’idea di quanto la corruzione possa incidere economicamente su ogni singolo segmento della vita del Paese: il costo dell’alta velocità. Un km di alta velocità costa tra Parigi e Lione 10,2 milioni di euro; tra Madrid e Siviglia 9,8, tra Tokio e Osaka 9,3; tra Roma e Napoli, 47,3 milioni; tra Torino e Novara 74; tra Novara e Milano 79,5; tra Bologna e Firenze 96,4. A conti fatti la media è di 61 milioni a Km: un costo gonfiato dalla corruzione.

Secondo una recentissima ricerca di un organismo internazionale indipendente il 17% dei cittadini italiani ha ricevuto una offerta di tangente dell’ultimo anno a fronte di una media europea che si assesta intorno al 9%.

Nella classifica di transparency international che ordina i Paesi sulla base di indici relativi alla corruzione il nostro Paese è sceso dal 2006 al 2010 dal 47° al 67°; per la prima volta dopo sedici anni siamo nella soglia corruzione dei Paesi emergenti, lontani anni luce dalle democrazie occidentali. Alcuni studi ci danno addirittura come il Paese più corrotto d’Europa dopo la Grecia.

Secondo la Corte dei conti nel solo 2010 il fenomeno della corruzione nazionale è aumentato del 229 per cento.

E poi c’è l’evasione fiscale: nel 2009 sono stati sottratti all’imponibile 270 miliardi di euro di redditi, mentre il mancato introito per lo stato si stima intorno ai 120 miliardi di euro l’anno; per capirci ogni cittadino paga circa 3.000 euro in più a causa dell’evasione.

Sessanta miliardi di corruzione e 120 di evasione fanno 180 miliardi l’anno. In 10 anni sarebbero 1800 miliardi: esattamente quanto l’intero ammontare del debito pubblico.

La lotta alla corruzione e alla evasione, in altri termini, è la più grande manovra finanziaria che lo Stato può fare.

Ma c’è un altro terreno su cui i numeri fotografano inesorabilmente la sofferenza della categoria dell’etica pubblica nel Paese: il Parlamento. Secondo una recente inchiesta dell’Espresso sono 85 i parlamentari che hanno una pendenza con la giustizia, quasi uno su dieci per intenderci. Un numero sconvolgente, che contribuisce a spiegare forse anche le cifre sulla corruzione.

E allora, non c’è più tempo. E non possiamo più delegare. Abbiamo il dovere di promuovere con tutte le nostre forze l’etica pubblica come criterio guida dell’operato in ogni istituzione ed amministrazione, ad ogni livello. E abbiamo il dovere di animare e praticare una lotta radicale contro ogni forma di corruzione.

Per questo abbiamo organizzato, a Canossa il 3 marzo, la nostra prima Assise nazionale sulla lotta alla corruzione.

Per approfondire, analizzare, ascoltare, discutere, confrontarci, proporre. Con, tra gli altri, il prof. Stefano Rodotà, Debora Serracchiani, Marco Travaglio, Peter Gomez, Nunzia Penelope, Raphael Rossi, il prof. Alberto Vannucci, la prof.ssa Cristina Brasili, la prof.ssa Cristina Dallara.

Un teatro in una piazza popolare, per dare voce a chi da sempre studia il fenomeno per proporre strumenti di contrasto efficaci, a chi denuncia ogni giorno con coraggio il malaffare sulle colonne dei quotidiani e sui libri, a chi amministra con onestà, a chi dà voce e corpo alla sana rappresentanza nelle istituzioni, a chi ha detto no, a chi vuol continuare a dirlo, ma vuole anche dire si, si può costruire un Paese diverso. E vuol cominciare a farlo. Sul serio.

Canossa può essere il teatro nel quale continuare a costruire. Costruire la nostra stagione politica, una stagione con un nuovo numero come obiettivo: lo zero. Vogliamo un Paese a corruzione zero.


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