[Transparency week] La carta di Pisa

Proprio durante questa settimana di approfondimenti sulla trasparenza e sulla lotta alla corruzione segnalo con piacere che ieri a Roma è stata presentata la “carta di Pisa”, un codice etico per per tutti gli amministratori che intendono rafforzare trasparenza e legalità nella pubblica amministrazione. L’iniziativa è promossa da “Avviso Pubblico” , l’associazione degli enti locali e delle regioni contro le mafie. E la nostra città le dà il nome perché è qui che si sono svolti i lavori di preparazione, coordinati dal professor Alberto Vannucci, direttore del Master sulla Corruzione dell’Università di Pisa. E poi perché proprio Pisa sarà la prima città italiana ad adottare la Carta, un vero e proprio codice che fornisce alcune precise indicazioni agli amministrazioni locali su una serie di questioni specifiche come la trasparenza, il conflitto d’interessi, il finanziamento dell’attività politica, le nomine in enti e società pubbliche e i rapporti con l’autorità giudiziaria.

La Carta di Pisa, già dalla sua genesi, può considerarsi un primo tentativo di formulazione di una politica anticorruzione in base ad un’istanza che nasce dal basso.
Per quanto riguarda la trasparenza ci deve essere la volontà di garantire una piena trasparenza patrimoniale fornendo, tramite la pubblicazione su internet nel sito dell’amministrazione, i dati relativi alle attività professionali svolte, ai redditi, agli incarichi ricevuti, nonché ai potenziali conflitti di interesse.
Sui regali l’amministratore non può accettare per sé, congiunti, familiari o affini regali eccedenti il valore usuale dei doni scambiati in occasione di ricorrenze o festività, quantificato nella cifra massima di € 100 annui.
C’è inoltre una chiara lotta al clientelismo: l’amministratore deve astenersi dall’esercizio delle proprie funzioni o dall’utilizzo delle prerogative legate alla sua carica nell’interesse particolare di individui o di gruppi di individui, a detrimento dell’interesse generale.
Sono considerate situazioni di conflitto di interessi: la sussistenza di interessi personali dell’amministratore che interferiscono con l’oggetto di decisioni cui egli partecipa e dalle quali potrebbe ricavare uno specifico vantaggio diretto o indiretto; b. la sussistenza di preesistenti rapporti di affari o di lavoro con persone od organizzazioni specificamente interessate all’oggetto delle decisioni cui l’amministratore partecipa; c. la sussistenza di rapporti di coniugio, parentela o affinità entro il quarto grado; d. l’appartenenza a categorie, associazioni o gruppi, in virtù della quale l’amministratore acquisisca un vantaggio personale da decisioni cui egli partecipa, anche nei casi in cui detta appartenenza non generi le incompatibilità previste dalla legge o da altre norme.
In caso si realizzino situazioni di conflitto di interessi, anche qualora non vi sia un obbligo giuridico in tal senso, l’amministratore deve rendere pubblica tale condizione e astenersi da qualsiasi deliberazione, votazione o altro atto nel procedimento di formazione della decisione.
Vietato il cumulo dei mandati politici.
Interessante il passaggio dove si chiede all’amministratore di integrare le sue decisioni discrezionali con una rendicontazione pubblica delle motivazioni di ordine generale e di carattere giuridico che hanno determinato la sua decisione.

Sul finanziamento la carta è chiarissima: l’amministratore non può accettare alcuna forma di sostegno e di finanziamento irregolare o non dichiarato, sia diretto che indiretto (ossia
tramite associazioni, fondazioni, centri studio ed altri enti nei quali svolga un ruolo direttivo) della sua attività politico-amministrativa; deve altresì rendere pubbliche con cadenza annuale tutte le fonti di finanziamento politico regolare.

C’è un passaggio anche sulle nomine: l’amministratore deve condizionare qualsiasi nomina, effettuata singolarmente o collegialmente, presso Enti, Consorzi, Comunità e società
pubbliche o a partecipazione pubblica, alla preliminare adesione dei soggetti da nominare al presente Codice. L’amministratore deve altresì vigilare sulla successiva adesione a tali disposizioni da parte dei soggetti nominati e, in caso di mancato rispetto, porre in essere tutte le iniziative necessarie al fine di assicurarne l’ottemperanza ovvero sanzionarne l’inadempimento. L’amministratore deve altresì procedere a tali nomine, qualora queste richiedano competenze di natura tecnica, a seguito di un bando di valutazione comparativa dei candidati, mediante provvedimento motivato in
base al parere ovvero alla designazione di un comitato di garanzia.

Seguono altri passaggi sui rapporti da tenere con i cittadini, l’amministrazione, i partiti e l’autorità giudiziaria.

Insomma, se la Carta di Pisa venisse presa alla lettera da tutte le amministrazioni ci sarebbe sicuramente una “rivoluzione” positiva nella politica e nel buongoverno. Ma una carta di intenti può davvero aumentare la trasparenza e l’etica di una amministrazione? O può essere usata solo per “lavarsi la coscienza” e non perseguire nella lotta alla corruzione? In attesa di leggi più severe da parte del governo, ogni atto che può indicare una strada virtuosa da seguire è sempre un esempio positivo. Ancora di più se porta il nome della nostra città.
Qui il testo integrale


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