Andavo in bicicletta per le strade del centro quando la mia attenzione si concentra su una delle troppe scritte sul muro:
Un’immagine simbolo delle indecisioni di oggi, delle incertezze, dei conflitti che costringono a schierarti. O si o no, o bianco o nero. Il grigio non è contemplato. Eppure non riesco ancora a farmi una opinione precisa su questo spinoso argomento. Dare retta ai giornali che troppo spesso dipingono i NO Tav come facinorosi e violenti? Cercare di capire la logica dietro un’opera così dispendiosa e impattante? Fermare il “progresso” del paese? Non pensare al “paesaggio bene comune”?
Troppo tifo, troppi conflitti, troppe verità diverse tra loro. Ma c’è già un sicuro sconfitto: la politica, che non è riuscita a diminuire le tensioni (spesso alimentandole) e nemmeno a informare bene, perdendo quel ruolo di cinghia di trasmissione e collante tra le diverse comunità interessate. E allora, in questo vuoto politico riempito da mille mattoncini che non si incastrano tra loro, chi meglio di un amico valsusino, del quale ti fidi ciecamente, può raccontarti le cose come stanno veramente (dal blog di Prossima Italia):
[…]Quel volo dimostra che la politica, Luca, se l’è lasciato scappare via. Ha deciso che non valeva la pena ascoltare le sue idee, la sua voglia di mettersi in gioco, di voler contare e di coltivare la sua passione per la terra che ama.E quando dico la politica intendo gli onorevoli del mio partito che hanno invocato a gran voce i militari e i ministri che li hanno mandati. Intendo i governi che hanno trasformato i tavoli tecnici in teatrini senza dignità ma anche chi, abbandonandoli per paura di perdere consenso, ha contribuito a renderli tali. Un bello schiaffo alla nostra già malconcia democrazia.La verità è che in questa vicenda, il Tav, non c’entra più niente. Nessuno s’interessa più delle merci che non ci sono, dei passeggeri ipotetici (quelli che per spostarsi scelgono l’aereo e non il treno), dell’ambiente devastato, dei soldi pubblici gettati al vento. Non interessa più discutere e confrontarsi. A qualcuno interessa far casino, a qualcun altro vincere un appalto, a qualcun altro ancora magari tentare di portare a casa qualche compensazione (la palestra piuttosto che la pista ciclabile o la riqualificazione urbanistica).
E dopo anni di richieste inascoltate e di speranze mortificate (e di colossali prese in giro), il clima si è caricato prima di disillusione, poi di rabbia. Un accerchiamento che genera un clima in cui tutto diventa uguale a se stesso. Tutti indistintamente diventano venduti, mafiosi, collusi. I politici, i magistrati, le forze dell’ordine, le banche, i poteri forti. Tutti uguali e tutti nemici. E quando tutto diventa uguale, vale tutto.Qualcuno dirà che, anche se la storia fosse andata in un altro modo, avrebbe comunque scelto la strada della contrapposizione e della lotta. Forse è vero, perché la politica è faticosa, noiosa, ha delle regole e richiede dei compromessi. Ma questa ipotesi non può esimere nessuno di fronte ai tanti errori commessi.E allora che fare? Aggregarsi alla lotta senza badare troppo ai mezzi, o starsene buoni sperando che la tempesta passi in fretta. Onestamente non lo so. Credo che in questa situazione da “liberi tutti”, dove nessuno controlla più nulla, ognuno farà le sue scelte. Io, che conto come il due di picche a briscola, continuerò a voler bene alla mia terra e a stare in mezzo alla gente. Con tanta umiltà, tanta passione ma anche con le orecchie tese e il cervello acceso. Evitando gli estremismi e portando le ragioni della valle anche a chi è lontano. Proverò ancora a fare un po’ di politica insomma. Non è facile, e in giorni come questi mi sembra impossibile e inutile.
Non provarci nemmeno però sarebbe un delitto.
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