[Pisa] Il servizio idrico locale: quale futuro dopo il referendum? 2

Se, come abbiamo visto ieri, la “tecnica” è ancora incerta, può la “politica” fare chiarezza?
Abbiamo provato a parlarne in un consiglio comunale, a fine Febbraio, a seguito della discussione su alcuni documenti che trattavano il percorso del servizio idrico locale dopo il referendum. Come altre forze politiche, anche il PD ha presentato un documento, tracciando alcune linee per il futuro.
In questo ordine del giorno c’è un percorso di trasparenza e condivisione, che si inserisce nel percorso referendario, ma che vuole dare soluzioni concrete e propositive.
Tra le iniziative da seguire ci sono:
– Una nuova AATO unica regionale, con coinvolgimento attivo della popolazione. La Giunta regionale ha avviato in data 4 ottobre 2011 il percorso per la proposta di legge (approvata dal consiglio il 22 dicembre u.s.) in materia di riattribuzione delle funzioni attualmente svolte dalle AATO che intende istituire un unico ambito territoriale ottimale a livello regionale per il servizio idrico integrato stimolando così il raggiungimento dell’obiettivo del gestore unico per il servizio idrico integrato. In quel documento la Giunta Regionale indica come prioritari due piani di impegno politico-istituzionale: quello del coinvolgimento dei cittadini utenti nelle società di gestione del servizio e quello del rispetto dei piani degli investimenti con la garanzia delle opportunità di finanziamento degli stessi.
– Superare le quote private. Nel documento si impegna il Sindaco a lavorare in qualità di proprietari dell’azienda gestore del servizio idrico per il superamento della presenza del capitale privato, senza rinunciare alla gestione industriale del servizio ma con l’obiettivo di costruire un patrimonio pubblico- coinvolgendo anche i cittadini, le loro rappresentanze sociali- in grado di acquisire le quote di proprietà del socio privato.
Chi conosce almeno minimamente lo stato dei bilanci comunali non può che sostenere l’impossibilità di ricomprare immediatamente le quote private, sia per mancanza di liquidità, sia per evitare l’uscita dal patto di stabilità. O meglio, si potrebbe anche fare, ma verrebbero spazzati via tutti gli altri servizi ( asili nidi, rifiuti etcc…)
Per questo l’eventuale acquisto di quote private deve essere graduale e non immediato, o almeno ci si deve sforzare per trovare risorse aggiuntive (tassa di scopo? azionariato popolare?)
Credo che chi propone l’immediata ripubblicizzazione non abbia la minima idea dei costi e degli effetti che questo può comportare alla cittadinanza. Ma il rendiconto politico va oltre la pragmaticità amministrativa. Facile fare politica con i soldi degli altri.
Ma veniamo all’argomento dell’altra mozione presentata in consiglio, firmata SEL-IDV-RC che critica fortemente la decisione dell’Ato 2 di prorogare la concessione al gestore Acque SPA di altri 5 anni, approvata durante l’assemblea consortile (con tutti gli enti locali coinvolti) del 6 Dicembre 2011.
Nel testo del documento non viene proposta nessuna soluzione se non quella di “dare seguito all’esito del referendum del 12/13 Giugno”, che lascia spazio a numerose e complicate interpretazioni.
Ma c’è un punto importante in questa mozione, che serve a dare trasparenza a un percorso, ovvero: “la richiesta di “convocare un Consiglio Comunale ad hoc su questo tema entro e non oltre la data di attuazione della delibera in oggetto”.
Dopo il referendum in effetti il discorso sull’acqua è sparito dal dibattito pubblico. Anche le lamentele di associazioni e comitati promotori vengono relegate nei quotidiani tra le “varie e eventuali”. Questo alimenta l’incertezza e le incomprensioni, che aumentano il distacco tra politica e cittadini (almeno quelli interessati al tema).
Quando c’è confusione o incertezza non si deve cercare di chiudere il dialogo, ma dare doppie risposte. La rappresentanza nelle istituzioni o nelle società partecipate è solo il primo passo per una democrazia compiuta, che richiede trasparenza e partecipazione.
Per questo, invece di finire la discussione nell’ultimo consiglio, ho personalmente presentato un emendamento al nostro ordine del giorno, impegnando il sindaco e il Presidente del Consiglio a fare un’altra assemblea pubblica sul tema, dove il sindaco potrà spiegare le scelte fatte e la logica di questo percorso, dando spazio alla politica e alla capacità di rendersi “accountable” (scusate non mi viene la parola in italiano) nei confronti di chi rappresenta.
Un secondo emendamento impegna il Sindaco a relazionare al Consiglio prima o dopo ogni assemblea consortile, per tenere alta la discussione e l’informazione su quello che è stato deciso altrove. Un atto di apertura, che si può trasformare in un momento di condivisione e di proposta se sappiamo essere pragmatici nel presente tracciando le linee per il futuro.
La strada della ripubblicizzazione ha purtroppo ancora bisogno di accumulare forze, facendo leva su chi, sindaci e imprese, intende resistere alla spinta privatizzatrice sulle SPA in house e spingerle a organizzarsi e associarsi in comitati e in associazioni come Acqua Pubblica Europea presieduta da Anne le Strat, e a cui partecipano tante SPA in house europee. E da qui ripartire per la ripubblicizzazione. Forse possiamo studiare meglio cosa stanno facendo Napoli-Milano-Bari, tre realtà che nell’immaginario popolare rappresentano le punte più avanzate della partecipazione, anche se non così virtuose come sembra. Soprattuto va studiato il percorso avviato a Napoli (con la società Acqua bene comune), che sarà utile per approfondire la relazione tra la natura del soggetto gestore e il finanziamento del servizio idrico. In un periodo di vacche magre per le finanze pubbliche e in particolare per le casse degli enti locali, chi finanzierà gli investimenti della neonata azienda speciale? E questi investimenti saranno vincolati al rispetto del patto di stabilità che negli ultimi anni ha impedito anche ai comuni virtuosi di investire i loro risparmi?
Oppure possiamo scegliere di continuare a trattare il nodo delle partecipate come quelle toscane e individuando gli interventi nazionali e i passaggi graduali con i quali trovare o accantonare le risorse per andare verso la ripubblicizzazione.
Occorrerà sostenere e animare la riforma amministrativa con la volontà politica e la creatività istituzionale indispensabili per conciliare l’autonomia imprenditoriale che il Testo Unico degli Enti locali attribuisce alle aziende speciali, con le istanze di controllo e partecipazione popolare certificate dal referendum.
Come ricordato nel nostro documento, le modifiche da fare sono soprattutto a livello nazionale. Infatti nell’ODG votato in Consiglio, si chiede, al fine di prendere a livello territoriale le decisioni corrette evitando inutili strumentalizzazioni politiche, di definire al più presto un quadro normativo certo, partendo dalle proposte di legge depositate e tenendo fermi alcuni principi fondamentali rinforzati dai risultati dei referendum quali:

  • La natura di bene pubblico della risorsa acqua e quindi la proprietà demaniale della risorsa e delle infrastrutture;
  • Il governo della risorsa idrica, in ottemperanza della Direttiva europea 2000/60 non ancora interamente recepita a livello nazionale;
  • La gestione industriale del servizio idrico integrato;
  • La necessità di una forte regolazione e controllo pubblico sulle gestioni con l’istituzione di un’autorità nazionale di regolazione, compartecipata dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali;
  • Il ruolo fondamentale delle Regioni e degli Enti locali nelle scelte di pianificazione degli interventi e di affidamento del servizio idrico integrato, nel pieno rispetto dei principi generali, degli standard di qualità, dei livelli minimi essenziali fissati a tutela dell’interesse pubblico e dei diritti dei cittadini, rispettando le normative comunitarie;
  • La natura della tariffa come corrispettivo del servizio idrico integrato da modulare con una tariffa sociale,e con un tariffa che incentivi il risparmio idrico, e sia parametrata in maniera pro-capite sul numero dei componenti i nuclei familiari in modo da non penalizzare i nuclei numerosi;
  • La definizione di vincoli chiari alla realizzazione degli investimenti per il miglioramento del servizio, con un impegno al riequilibrio territoriale per garantire lo stesso livello di servizio in ogni area del paese.
  • A tener conto del risultato del quesito referendario relativo all’abolizione della remunerazione del capitale investito, prevedendo il calcolo di questa componente alcuni rigidi parametri che tengano conto dell’efficienza aziendale, della capacità di investimenti e dello svolgimento dell’attività ordinaria. In pratica dovrebbe essere un ulteriore incentivo alla gestione di aziende nelle migliori condizioni, finalizzato a fornire un servizio sempre migliore agli utenti e non in maniera indifferenziata come previsto dalla norma abrogata dal referendum.

Credo che il percorso che ho citato sia fattibile e concreto. Mi aspetto però, in qualche modo, un segnale dal mio partito che sappia dare una risposta concreta e immediata alle aspettative di molti, che attendono risoluzioni più concrete a seguito del referendum di Giugno scorso. Non solo parole proiettate nel futuro, ma anche decisioni nel presente. Quali? Le possibilità sono molte, da una migliore partecipazione e democrazia nelle decisioni fino ad arrivare a segni di cambiamenti di rotta nella gestione.
L’acqua è un bene comune dell’umanità. Tutte le acque superficiali e sotterranee, anche non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa indispensabile e inalienabile del demanio. E fin qui potremmo dire che “non ci piove”.
Scoprire quale sia il metodo più efficiente, democratico e solidale spetta a chi ha responsabilità di governo o chi cerca di fare una politica davvero orientata al bene comune. Lasciamo agli altri le strumentalizzazioni politiche e cerchiamo di capire meglio, proponendo anche soluzioni innovative.
Siamo in grado di farlo senza perderci in un “bicchier d’acqua”?


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