In questo momento stanno indagando il tesoriere della Lega. Dovrei essere contento, in quanto credo che il partito di Bossi sia portavoce di una destra xenofoba e fuori dal tempo, ma le notizie di oggi sono solamente un altro tassello in più al muro che distanzia la politica dei partiti dagli altri.
La riforma del finanziamento ai partiti sta diventando fondamentale per restituire quella fiducia e credibilità che abbiamo perso in questi anni, necessaria per far “digerire” manovre di sacrificio e ristabilire un legame sano tra cittadini e i loro “rappresentanti”.
Ci sono delle storture da eliminare al più presto, basterebbe la volontà politica:
- Prevenire la corruzione politica con la trasparenza e il controllo dal basso, l’open data e le nuove tecnologie. Tutti i partiti, fondazioni politiche e comitati elettorali dovranno pubblicare su un unico sito internet gestito da un ente terzo tutte le loro entrate e uscite superiori a 500 Euro per fonte o destinatario della transazione, con rendiconti ogni tre mesi e ogni mese nei sei mesi prima del voto.
- Sul finanziamento pubblico, agganciare il rimborso alla spesa sostenuta, creare un organo deputato al controllo e riformare le sanzioni: multe, sospensione ed esclusione dall’assegnazione futura del rimborso.
- Sul finanziamento privato, introdurre un limite quantitativo e fattispecie penali per la violazione del limite al finanziamento. Adesso il limite per fare donazioni anonime è 50000€, una cifra enorme che permette di fare grandi donazioni in più sessioni senza dichiarare chi le ha fatte
- Se ci fosse trasparenza sui flussi di finanziamento della politica sarebbero chiari i collegamenti tra lobby e parlamentari. Avviene negli Stati Uniti e in quasi tutti i paesi a democrazia matura. Da noi no, da noi si finge. Così che la relazione ai presidenti delle Camere del Collegio di controllo sulle spese elettorali della Corte dei Conti rileva che tutte le forze politiche abbiano ricevuto contributi da privati, ma non si sa sempre da chi e soprattutto per quali importi
- i partiti “defunti” non devono ottenere rimborsi
- pubblicazione online dell’anagrafe degli eletti per tutte le cariche elettive e volontariamente per ogni carica significativa dei partiti
L’anno scorso, durante una lezione al Sant’Anna, Philippe Schmitter, professore di scienze politiche all’European University Institute, proponeva un’interessante riforma del finanziamento pubblico ai partiti: insieme alla scheda elettorale si consegna all’elettore un voucher dove può segnare a quale partito dare il rimborso. Una sorta di doppia votazione, che nella maggioranza dei casi sarà data allo stesso partito. Se invece l’elettore non ha nessun partito che lo rappresenta, può non esprimere la preferenza nel voucher, che andrà a finire in un fondo comune gestito dallo Stato che riutilizzerà i finanziamenti a sostegno della macchina democratica (aiuti alle neoformazioni, promozione della partecipazione, etc..). Alla fine ogni partito prenderà un rimborso corrispondente alla somma dei voucher che hanno espresso una preferenza per quel partito.
In questo modo il finanziamento pubblico è basato sull’elezione del momento, non su quella passata e i partiti “lotteranno” per avere una migliore affluenza alle urne: più votanti, più voucher.
Ovviamente è solo una bozza di proposta, grezza, ma renderebbe tutto più trasparente e veramente parteciapto. Il cittadino che sceglie come e a chi pagare i costi necessari della democrazia. Ed è quello che vogliamo, no?
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