“Comunque vada sarà un successo (per tutti)”. Così scrivevo su Twitter prima delle 15 di ieri, per ironizzare sul fatto che comunque la girandola dei commenti e delle analisi dei politici avrebbe visto tutti vincitori. Non è stato così.
La destra ha subito una vera e propria disfatta, un colpo da knock-out che li spinge ad un angolo del ring. Una forza che era riuscita a governare con soddisfazioni elettorali durante la grande crisi di questi anni si è ridotta, ad essere terza, se non quarta, forza partitica nelle maggioranza dei comuni ieri al voto.
Mi viene in mente la scena di un ragazzino al quale viene chiesto di sistemare la stanza, ma, voglioso di fare presto e tornare a giocare, butta tutto nell’armadio e nei cassetti, fino a quando non avviene la naturale implosione interna. Così è successo al PDL, incapace di presentare riforme o ricette che potessero dare una reale “pulizia” alle grandi storture di questo paese.
Una paralisi politica totale, inspiegabile nonostante una delle più grandi rappresentanze in Parlamento dai tempi del fascismo, dove tutto girava intorno alla figura del leader supremo Berlusconi. Gli unici provvedimenti sono stati i tagli, mascherati sotto forma di riforme, che hanno smantellato i nostri servizi pubblici: scuola, ricerca, enti locali, incrementando drasticamente le disuguaglianze.
Ma quando la fantasia dei proclami è finita e ha lasciato il passo alla dura realtà, il conto da pagare è stato salatissimo, nonostante la faccia di chi ha chiesto “sacrifici e sangue” sia stata diversa da quella di Berlusconi.
Ma il voto ha dimostrato come gli italiani abbiano capito che la maggior parte della responsabilità di questa crisi sia stata del PDL, il partito che ha sofferto di più in questa tornata elettorale.
E’ stato un voto parziale, locale, ma ci sono dei dati oggettivi comuni che ci permettono di fare delle analisi più accurate:
– Il voto al Movimento 5 Stelle non mi ha stupito e ha dimostrato come agli italiani interessa ancora la politica, andando ancora una volta a votare, ma scegliendo spesso un voto di protesta. Credo che se non ci fosse stato il M5S il tasso di astensionismo, già adesso preoccupante, sarebbe stato ancora maggiore, con forti ripercussioni sullo stato della democrazia italiana. Grillo e i suoi sono invece stati anche “caricati” dai partiti tradizionali: con l’ossessivo ritornello di connotarli come “antipolitica” hanno ottenuto il loro accredimento politico, dimostrando come un voto per loro era un voto contro i partiti. Un autogol comunicativo da correggere al più presto, riconoscendo i temi che il M5S porta avanti a livello locale, “rubandoglieli” per sottrargi anche gli elettori, molto mobili e poco fedeli a Grillo. Temi come la trasparenza, l’attenzione all’ambiente e alle nuove tecnologie sono nel nostro DNA, basta renderci più credibili con azioni concrete soprattutto nei comuni dove governiamo.
– E il PD? Il PD “tiene”, come dicono tutti i commenti di oggi. Ma il futuro è pieno di incognite. Legandosi a doppio filo con il governo Monti di riflusso ne prende vittorie e sconfitte. Infatti in un primo momento di “esaltazione” del Primo Ministro bocconiano, capace di liberarci da una politica disastrosa, sembrava che anche il PD ne traesse giovamento. Poi le conseguenze di una politica di austerity hanno causato drammi e sofferenze, alimentando un clima di alta tensione sociale, che sembra aver appannato le azioni di governo.
D’altra parte adesso la deflagrazione del PDL rischia di impantanare Monti, con Alfano che rinuncia già ai vertici comuni e cercherà di ottenere sempre di più, come gli ultimi gesti di forza delle bestie ferite. Tutto diventerà più difficile, ogni compromesso al ribasso.
– Possiamo dire addio alle riforme istituzionali. Non ci sarà una nuova legge elettorale che premia i maggiori partiti (dato che il PDL non lo è più) e dobbiamo seriamente prepararci a votare con il “Porcellum”. Per questo sono necessarie le primarie per scegliere i parlamentari e cominciare davvero a capire cosa vogliamo fare: allearci con qualcuno o andare da soli? Senza evitare di ricordarsi come in Grecia ci sia la difficoltà di creare un governo perchénessuna coalizione è stata definita prima. Un leader di una coalizione improvvisata sarà un leader fragile, perpetrando l’impossibilità di un governo stabile e coeso.
– In previsione di una paralisi di Monti e del suo governo bisogna che il PD lavori a far capire meglio quali sono le sue politiche se fosse al governo. Una riforma del lavoro nuova, senza compromessi al ribasso, che sappia superare il dualismo degenerativo di oggi, tra garantiti e precari. Una politica economica di respiro europeo, copiabile in gran parte dal programma di Hollande, in modo da garantire una nuova regia comune da portare avanti per riequilibrare le storture di oggi. Una credibilità nuova, perché, come dice Civati, “molte cose non vanno bene, e fare finta di niente non serve, appunto, a niente. Perché non c’è alcun automatismo e nessuna certezza di continuità tra questo risultato e il prossimo, quello delle Politiche”.
Possiamo solo perderle le prossime elezioni. Ma siamo capaci anche di questo. Guardia alta e riflessi pronti, il ring è ancora pieno di avversari.
#Amministrative2012 Un altro lungo, inutile, arrogante, lezioso commento al voto
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