#Srebrenica per non dimenticare: anche un solo secondo di riflessione può fare dei piccoli miracoli, per le generazioni che verranno.

Poche esperienze mi hanno emozionato come il viaggio in Bosnia di due anni fa, alla ricerca del perché di quello che è passato alla storia come l’eccidio di Srebrenica, esattamente 17 anni fa:un eccidio consumato in dieci, dodici giorni, che ha visto la morte di un numero ancora indefinito di uomini, comunque superiore a 8000, colpevoli soltanto perché il loro cognome evocava un’appartenenza musulmana.
Un viaggio nell’odio, un bagno nella violenza e nei sentimenti più biechi e nascosti dell’uomo, insieme al collega e amico Stefano Landucci. Volevamo respirare la storia di Srebrenica, vederne i luoghi e ascoltare la voce di chi ha vissuto direttamente quei tragici giorni. Ne è nato un piccolo reportage, con foto e citazioni,  “Srebrenica per non dimenticare”, che ripercorre il nostro viaggio emozionale, creato con lo scopo di trasmettere le esperienze che abbiamo provato in quei giorni.
Dopo tante presentazioni soprattutto nelle scuole pisane, il libro è ancora disponibile per l’acquisto su Amazon. Ricordo che tutti i proventi degli autori andranno in beneficenza ad una delle associazioni che abbiamo incontrato durante il (troppo) breve viaggio.

Per invogliarvi all’acquisto, o solamente per condividere parte delle emozioni provate, qui sotto trovate parte dell’epilogo scritto da me prima della pubblicazione del libro, con l’obiettivo di ricordare per poter dire ancora una volta “mai più”.

Dopo 15 anni c’è ancora molto risentimento in Bosnia. Lo scorrere del tempo non è bastato per cancellare vecchi rancori e creare un sentimento di unità tra le diverse etnie. Troppo orgoglio, troppe
ingiustizie, troppi muri impediscono di porre fine alla spirale di odio e diffidenza che si è creata nella verde terra bosniaca.
Qualcosa può cambiare. Ma deve farlo tutto il mondo occidentale, ogni nazione, ogni popolo, superando gli scontri di civiltà che infestano ogni nazione. Solo quando smetteremo di chiamarci nemici, solo quando
la religione non sarà più un fattore di discriminazione, solo quando la città di nascita non sarà più un problema, potremo finalmente riuscire a risolvere le fratture che ci sono in Bosnia. Ricordarsi di
non escludere chi in questo momento prova risentimento verso  altri, ma cercare di capire le cause di questo sentimento, aprirle e sviscerarle in maniera chirurgica per operare con la migliore
soluzione.
Sforzarsi di trovare un terreno comune, pensando che alla fine una cosa che ci unisce ci sarà sempre: tutti noi proviamo gli stessi sentimenti. Sia quelli nobili come l’amore e la compassione, sia
quelli negativi, come l’odio e l’indifferenza. Il primo passo che ci deve muovere è quello di ricercare e ottenere giustizia, in modo da facilitare il processo di riconciliazione,
iniziando quel cambiamento che deve avvenire per prima cosa nelle nostre teste, perchè dobbiamo essere noi ad accettare le differenze.
Avevo 12 anni quando il mondo apprendeva del massacro di Srebenica. Troppo giovane per capirne la tragedia e la violenza, per me rimaste solo un eco lontano, una macchia dell’Europa lavata troppo in fretta.
Viviamo nella società digitale, bombardati da notizie e immagini che si susseguono in modo velocissimo, come uno tsunami, ma che diventano presto obsolete e dimenticate. Non c’è nemmeno il tempo di digerire un disastro naturale, di metabolizzare l’angoscia e la paura provocati da un conflitto, di protestare contro l’ennesima ingiustizia, che subito un altro fatto, un’altra notizia prende il sopravvento e il
palcoscenico della nostra mente. Non riusciamo più ad approfondire, a capire l’importanza, a rallentare, in modo da riuscire a dare risposte
giuste e appropriate, alla ricerca perenne di una serenità troppo difficile da raggiungere.
Per questo la memoria è molto importante. Ricordare e onorare la memoria di Srebenica é importante perché le vittime di genocidio non vengono mai ricordate abbastanza. I loro nomi si aggiungono all’elenco
di migliaia di altri uomini e donne che sono rimaste vittime di una guerra di odio. Ma dietro a quei grandi numeri c’è molto di più: vuoti e dolori generazionali, traumi da curare per anni, offese mai punite.
Ci sono migliaia di famiglie che convivono ancora con ferite indelebili.  Onorare la memoria delle vittime vuol anche dire poter rivendicare il diritto alla verità e alla giustizia; vuol dire essere
confortati dalla convinzione che la giustizia potrà fare il suo corso, che le istituzioni sono impegnate nella ricerca della verità
giudiziaria.
In questa società che tende a dimenticare in fretta, dove la memoria è delegata agli strumenti informatici, il valore delle storie e dei sentimenti che esse provocano, possono davvero fare la differenza. Lasciatevi avvolgere dai racconti e dalle sensibilità degli altri, abbracciatele e percepitele, per non cadere in uno stato di apatia e disinteresse.   La vostra vita ne sarà sicuramente arricchita.
Per questo ho provato a condividere la “mia” storia, raccontando le emozioni e le sensazioni provate in quei giorni intensi in Bosnia, con il solo obiettivo di ricordare non solo chi non c’è più, ma anche
tutti coloro che sono rimasti.
Le mie parole e quelle di Stefano avranno valore solo se sapranno essere fonte di ispirazione per altri, solo se qualcuno si fermerà un attimo a pensare a cosa è successo in quel lontano Luglio 1995 e le sue drammatiche conseguenze nel presente. Anche un solo secondo di riflessione può fare dei piccoli miracoli, per le generazioni che verranno.


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