Diciamo che l’Assemblea del PD di sabato ha avuto un finale “scoppiettante”: non è finita a “baci e abbracci”, ma con urla e contestazioni. Il litigio è partito dopo la votazione di un documento “Per una nuova cultura dei diritti”, considerato un po’ deboluccio (eufemismo) e poco coraggioso da parte di molti membri dell’assemblea che hanno presentato un odg integrativo, che però non è stato ammesso alla discussione (e tantomeno alla votazione) dal Presidente dell’Assemblea Rosy Bindi. Le intenzioni dei presentatori erano quelle di andare oltre il (piccolissimo) passo avanti fatto dal lavoro della commissione “ufficiale”:
“Con spirito costruttivo, vorremmo provare a dare un contributo con alcune sottolineature e integrazioni. Ci spinge a farlo l’importanza delle materie trattate, decisive per l’avvenire dell’Europa e del campo progressista.”
Infatti il testo prevedeva parole “audaci” per il PD, ma che riflettono la società attuale:
“è la premessa più solida anche nel ragionare sui diritti-doveri delle coppie omosessuali e di chi condivide nell’affetto un progetto di vita e solidarietà. In tanti Paesi a cui ci sentiamo legati – dalla Francia agli Stati Uniti – si sono riconosciuti o ci si avvia a riconoscere i matrimoni e le adozioni per coppie gay. Molti tra noi possono essere d’accordo, altri possono non esserlo, ma il fatto stesso che altrove si legiferi in quel senso dovrebbe annullare il tabù sulle parole. Le coppie etero e omosessuali devono avere gli stessi diritti: proponiamo il pieno riconoscimento giuridico e sociale delle unioni civili per coppie omosessuali e non. Scelta compatibile con gli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione;”.
Non si può costruire un programma politico più arretrato di quello che esprime la società di oggi. E’ come andare contro natura per un partito che si definisce “progressista e riformista”.
La sensazione è che non sia stato messo in votazione per “evitare” la manifesta verità: questa posizione è la stragrande maggioranza nel partito (e ho la presunzione di dire che lo è anche fra i simpatizzanti). Invece si è preferito fare l’ennesima mediazione al ribasso per non scontentare un gruppo interno che con la sua radicalità conservatrice minoritaria ci costringe a posizioni vecchie e antiquate. Va bene il “siamo un partito che ha anche una tradizione cattolica al suo interno”, ma a volte mi sembra di essere in ostaggio al radicalismo cattolico che marca le sue posizioni oltranziste per guadagnare visibilità e posizioni (Binetti docet), quando invece se ci ispirassimo ad altri principi etici e sociali provenienti dalle dottrine di natura religiosa potremmo diventare un compiuto partito di sinistra (La Pisa, Dossetti e altri…). E il non essere andati al voto in assemblea conferma i miei dubbi.
C’è poi la volontà di sottovalutare questa questione: “c’è la crisi, non c’è il lavoro, e voi parlate di diritti civili”? A parte che una cosa non esclude l’altra, e se il tema lavoro è trasversale, lo è anche quello dei diritti. Anche perché troppo spesso ci si accorge di qualcosa solo quando non ce l’hai. E se per qualcuno i diritti civili sono niente rispetto alla mancanza di un lavoro, per altri sono tutto: la serenità, la sensazione di non essere discriminati, la speranza di una vita come gli altri.
“E allora cosa ci stai a fare nel PD?” potete giustamente domandarmi. Perché, come ho già detto, ho l’arroganza di dire che all’interno del partito a pensarla come me siano di più di quelli che ci lasciano credere e questo deve pesare molto nella discussione interna dei prossimi mesi. E poi lasciatemi sfogare lo sdegno verso gli avvoltoi politici che campano sulle “carcasse” delle discussioni interne, leader di partiti e movimenti che decidono individualmente e in autonomia, in maniera velatamente tirannica, quale deve essere la linea politica in base a quello che succede quotidianamente, per puro e cinico scopo elettorale. Discutere non è lesa maestà, diffido dei partiti/movimenti che non hanno voci di minoranza al loro interno. Lo implica il concetto stesso di democrazia.
Infine lottare per i diritti civili è anche una questione di linguaggio: tutti i mezzi di comunicazione sono invasi da un lessico che definirei “bancario”: spread, btp, rendimenti, rating. Possiamo tornare a parlare un linguaggio più “umano”: famiglia, amore, affetto, diritti?
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