Ieri abbiamo celebrato i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino. Avevo 6 anni allora e non riuscivo a capire la portata dell’evento. Non ho memoria storica di come si vivesse prima del 1989, ma si parla sempre di quell’anno come la fine delle grandi ideologie, dei totalitarismi. Il disgregarsi di un muro, il crollo così violento di qualcosa che sembrava solidissimo, le persone festanti. Poche altre immagini hanno avuto un così forte valore simbolico e impatto emotivo come le foto e i video di quella sera . Dai racconti sembrava l’inizio di una nuova era, un nuovo inizio dove sarebbe regnata la pace, l’armonia, la felicità. La fine di una guerra “fredda”, ma che faceva ardere i cuori di molti abitanti del Pianeta, che ci portò sull’orlo di una guerra atomica e quindi all’autodistruzione.
Io, generazione post ’89, avrei dovuto vivere lontano dai pericoli del fanatismo ideologico, in una società guidata dal confronto e dalla tolleranza. Purtroppo non è così. Per un muro fisico crollato, molti muri ideologici sono ancora da abbattere. Il muro dell’omertà nel Meridione, il muro della diffidenza verso gli immigrati, il muro del fanatismo religioso, il muro dell’ignoranza, il muro dell’indifferenza verso chi soffre. Ognuno di questi muri non ha un simbolo fisico e tangibile da distruggere e per questo ci vorrà tempo. Ma mattone dopo mattone, pietra dopo pietra bisogna cominciare a smantellarli tutti, insieme.
Per ogni muro che cadrà potremo di nuovo festeggiare insieme, sentirci parte della Storia e ricordare questi momenti con un sorriso. Potrò sinceramente dire anche io di essere stato a Berlino il 9 Ottobre 1989, perchè avrò condiviso le loro stesse passioni, la loro stessa gioia, la loro stessa voglia di sperare in un mondo migliore. Ma per abbattere i muri , prima di tutto bisogna non esserne un mattone.
All in all it’s just another brick in the wall.
All in all you’re just another brick in the wall.
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