Ci sono giorni in cui penso di vivere in un Paese limitato, schiavo delle corporazioni, degli evasori fiscali, delle mafie. Un Paese dove i mezzi di comunicazione sono manipolati e manipolatori. Un Paese che si autosostiene solo su parole fragili,troppe poche volte concilianti e costruttive. Un Paese dove pochi lottano e molti sopravvivono. Un Paese che molto spesso premia il più furbo e non il più bravo.
Ci si scoraggia presto a cercare di cambiarlo questo Paese, per le barricate altissime e gli insuccessi ottenuti. Ci si scoraggia e rinunciamo, tornando a essere parte della maggioranza silenziosa.
Ma c’è chi non ha questa fortuna:
L’Iran ha giustiziato due uomini che erano stati arrestati durante le proteste scoppiate dopo le elezioni presidenziali dello scorso giugno: secondo l’agenzia ufficiale Isna, erano ‘mohareb’ (nemici di Dio, membri di un gruppo filo-monarchico e avevano ordito un complotto anti-regime. Mohammad Reza Ali Zamani e Arash Rahmani Pour (che aveva 19 anni al momento dell’arresto) sono i primi ad essere impiccati tra le persone arrestate durante le manifestazioni seguite alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad.
Arash Rahmani Pour poteva essere uno dei tanti ragazzi che hanno partecipato alla manifestazione contro Berlusconi del 5 Dicembre. E’ rimasto vittima di un regime che piega nel sangue ogni opposizione e ogni dissenso. Dove i giovani non hanno nessuna speranza di vivere o di esprimersi liberamente.
Dopo aver letto la fine indegna e disumana di chi prova a ribellarsi in Iran, cercare di cambiare le cose in Italia sembra dannatamente più facile.
Per Neda e per Arash…
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