Con questa domanda Engadget, famoso sito americano che tratta di digitale e Internet, vuole sottolineare gli incredibili contrasti che ci sono nel nostro paese. La sentenza sul caso “Vividown”, dove i dirigenti di Google sono stati considerati colpevoli di non aver controllato immediatamente il contenuto condiviso dagli utenti, ha creato una discussione mondiale su censura e prevenzione della Rete, mettendo in cattiva luce l’Italia. Inoltre i continui tentativi del governo di porre un freno alla libertà di espressione sul Web (tutti senza successo), sicuramente non aiutano a far crescere l’innovazione e il divario di cultura digitale che ci separa dalle altre nazioni occidentali. Ma il sito americano si stupisce di come sia potuta partire dal nostro Paese un’iniziativa interessante e meritoria come l’assegnazione del premio Nobel per la Pace a Internet. Infatti l’edizione locale di Wired, supportata dal guru Nicholas Negroponte, vuole supportare la candidatura della rete , premiando gli effetti benefici che ha portato al mondo: la condivisione della conoscenza, la soluzione dei contrasti, la consapevolezza di raggiungere potenzialmente ogni abitante della terra, la solidarietà internazionale ( e molti altri aspetti…). Ce l’hanno fatta: Internet è ufficialmente uno dei candidati.
Così il Direttore di Wired Italia Riccardo Luna commenta Internet for Peace: “Dobbiamo guardare ad Internet come ad una grande community in cui uomini e donne di tutte le nazionalità e di qualsiasi religione riescono a comunicare, a solidarizzare e a diffondere, contro ogni barriera, una nuova cultura di collaborazione e condivisione della conoscenza. Internet può essere considerato per questo la prima arma di costruzione di massa, in grado di abbattere l’odio e il conflitto per propagare la democrazia e la pace. Quanto accaduto in Iran dopo le ultime elezioni e il ruolo giocato dalla Rete nella diffusione delle informazioni altrimenti prigioniere della censura sono solo l’ultimo esempio di come Internet possa divenire un’arma di speranza globale“.
Proprio ieri dal mondo politico, è venuto un ‘inaspettato supporto verso la candidatura di Internet a Nobel per la pace. Ancora una volta è il “compagno ” Fini, precursore di una destra postberlusconiana lungimirante e moderna. Quella che mi fa più paura perchè credibile. Il presidente della Camera rinnega (di nuovo) il suo stesso governo e irrompe prepotentemente nel vuoto lasciato dagli altri politici sulle capacità e potenzialità benefiche della Rete: “La rete merita il prossimo Nobel per la pace: sarà un Nobel dato a ciascuno di noi. L’accesso a internet deve essere considerato un vero e proprio diritto fondamentale dell’uomo: un valore per cui battersi di fronte alle censure e alle restrizioni che sempre più spesso vengono imposte alla rete”. Bellissime frasi, ma dov’era Fini quando governo o parlamentari del PDL presentavano leggi che introducevano una censura o comunque un controllo preventivo, a volte anche statale? Solo grazie alla sollevazione di molti bloggers e altri parlamentari si è evitato il peggio. Vediamo se stavolta se alle parole passeranno ai fatti, ma ne dubito fortemente, visto le passate esperienze.
Ma Fini mette in luce anche un altro problema, il grande divario digitale che insiste sul nostro paese tra Nord e Sud. Anche qui il governo aveva impegnato 800milioni per incrementare i servizi e le infrastrutture legate alla banda larga. Ne avete notizie?
Sono contento che anche nel mondo politico si cominci a percepire il miglioramento nella qualità della vita che un uso potenziato della rete può portare. Mi dispiace che il segretario del Pd non capisca le capacità rivoluzionarie dell’”ambaradan” (come ha chiamato Internet in un suo intervento, denotando una certa ignoranza sull’argomento), ma sono ancora più turbato dalla possibilità che la destra si appropri di tematiche che sicuramente saranno fondamentali in futuro, lasciandoci ancora una volta a parlare un linguaggio nostalgico, vecchio, incomprensibile ai giovani.
Viviamo in un paese dove la classe politica cambia opinione repentinamente e frequentemente. Dipende dal luogo, dalle persone che ascoltano, dal mezzo comunicativo. Tutto per cercare di ottenere un consenso immediat. Con questo sistema è difficile creare progetti di lungo respiro, affidandosi alla gestione del quotidiano e del presente, cercando di parlare del conflitto piuttosto che cercare di risolverlo.
Isn’t Italy a place of contrast? Yes, but we love that and it ain’t gonna change ( o no?)
Lascia un commento