E’ sempre difficile fare un’analisi dopo il voto. Soprattutto quando non hai vinto. La matematica ci dovrebbe venire in aiuto: 7 regioni a 6. Una in più del centrodestra. Evviva, festeggiamo, abbiamo fermato Berlusconi. Ma la fredda logica ci riporta alla triste realtà: non abbiamo vinto 7 regioni, ne abbiamo perse 4, quelle più popolose e fondamentali per un rilancio nazionale. Come iniziare questa riflessione? Disperandosi per l’avanzata xenofoba e razzista targata Lega? Piangere dopo aver visto la Polverini festeggiare la vittoria con tanto di saluto romano? Prendersela con la classe dirigente del PD, che non è riuscita a far partire la riscossa democratica? Maledire grilli, grillini, grilletti per aver tolto voti alla sinistra?
Gli spunti sono tanti, purtroppo. Più viene voglia di parlare, più significa che siamo insoddisfatti. Partiamo dal primo dato che è rimbalzato durante la due giorni elettorale: l’aumento dell’astensionismo. Crolli anche di 10 punti, sia nelle regioni rosse che azzurre. E tutti noi,popolo di centrosinistra, a sperare che fosse l’elettorato di centrodestra a non essere andato alle urne,provando un ottimismo che alla fine rende più bruciante la sconfitta. L’astensionismo è stato trasversale. Fessi noi a credere che gli italiani, stanchi del teatrino della politica della Destra, scegliessero i partiti di centrosinistra come alternativa o come voto di protesta. Lo stereotipo della Casta, del politico che fa solo i suoi interessi, a danno dello Stato e dei cittadini colpisce tutti: rossi,rosa, verdi, azzurri, tutti vengono considerati alla stessa stregua. Questo non deve stupire, visto il calare progressivo della fiducia nei partiti, iniziato con la fine della Prima Repubblica. Ma questo non è solo il problema dell’Italia. In Francia va anche peggio (più della metà degli aventi diritto non va a votare) e anche le altre nazioni europee non se la passano meglio.
Domanda n°1: Come restituire credibilità alla politica? Come far capire l’importanza di poter scegliere, di contare e perchè no, anche di lamentarsi se le cose vanno male? Non riusciamo a capire i veri bisogni del Paese, a essere rappresentativi? O semplicemente siamo diventati un popolo che se ne frega delle sorti del proprio Paese?
Ma un voto di protesta in parte c’è stato. Non è andato al Pd, bensì all’Italia dei valori e ai vari movimenti a 5 stelle, che si rifanno a Grillo, troppo comico per essere un politico, ma troppo politicizzato per essere un comico. Grillo e l’IDV sono la voce dell’indignazione, delle urla, portatori della rivoluzione più stupida:<< cambiare tutto affinché nulla cambi>>, di gattopardesca memoria. Fa sorridere come di fronte all’avanzata della Lega e alle dichiarazioni trionfalistiche del Presidente del Consiglio, affrancati da un voto che gli ha conferito capacità governative in molte regioni e comuni, invece di iniziare a cambiare l’Italia, Grillo e Di Pietro cerchino di annientare i resti del Partito Democratico infierendo senza pietà su un animale ferito. Con rabbia cieca e cinismo intollerabile ricordano gli errori del PD, in nome di una superiorità e libertà che è tutta da dimostrare. Liberi, si definiscono i grillini, ma sono schiavi della loro ottusità e della presunzione di essere i portatori della Verità, come i loro (presunti ) nemici del popolo della Libertà. Dove sono i grillini quando ad Arezzo la Lega regala sapone da usare dopo aver toccato un immigrato? Dov’è Di Pietro di fronte allo stupro sistematico dei diritti civili? Perchè ci avete lasciato soli nella nostra ( se pur fiacca) lotta al nucleare? Cosa ne pensa Grillo dei problemi dei precari? Fanno della trasparenza il loro punto forte, ma se ai cittadini importasse davvero vedere come lavorano i rappresentanti eletti nelle istituzioni, molti dei loro simpatizzanti forse cambierebbero idea. Non ci si improvvisa amministratori se hai come background solo l’odio e il non-dialogo.
Domanda n°2: Ma possibile che il Movimento a 5 Stelle e Di Pietro abbiano preso un sacco di voti senza essere reale alternativa di governo? Nell’Italia che va a rotoli, che senso ha quello di picchiare duro sul PD? Vogliono forse aiutarci o, come presumo,vogliono solo drenarci voti? Ma hanno capito qual’è il vero nemico? Non possiamo parlare insieme di soluzioni? Io continuo a credere che il PD ha le potenzialità di rubare non qualche elettore, ma TUTTI i voti all’IDV e ai grillini, accettando alcuni loro punti fermi, che abbiamo già nel nostro DNA, come la legalità e l’attenzione all’ambiente…basta ricordarcene sempre.
Ma come dicevo prima, c’è un vecchio/nuovo nemico che sta avanzando inesorabile: la Lega Nord, il partito più vecchio tra quelli esistenti adesso, il vero vincitore della campagna elettorale. La nuova destra, che ha rimpiazzato la PDL, che risponde alle paure della globalizzazione giocando in difesa: no al diverso, no all’Europa, no all’importazione. Una volta c’era anche il no a Roma, ma ora si sono adagiati sulle poltrone della Capitale. La Lega da partito-movimento ora movimenta i partiti, che devono rincorrere il loro linguaggio estremista e pericoloso. Un linguaggio che si dissocia dalla pratica, come dice Ilvo Diamanti oggi, in una lucida analisi dello strapotere leghista. Le ronde mai fatte, l’integrazione de facto nelle imprese del Nord sono solo esempi della politica fallimentare del partito di Bossi. Eppure i suoi amministratori hanno il più alto tasso di gradimento, sono a capo di 355 comuni e hanno il presidente di 14 province, da oggi anche due regioni. Quello che a noi di sinistra inorridisce, per la Lega è un punto di forza: la semplicità del linguaggio e la chiarezza del programma: pochi punti, da martellare nella testa degli italiani. La Lega in soli 5 anni ha visto moltiplicare i suoi voti, riuscendo nel Nord a prendere lo stesso consenso della DC(35% nel Veneto). Quando il berlusconismo passerà, la Lega ci sarà ancora, con i suoi proclami, il suo populismo, i suoi slogan. Fino ad oggi è riuscita anche a rinnovarsi, rimpiazzando quasi totalmente la classe dirigente dei primi anni ’90 e ci sono buone probabilità che riesca a farlo ancora.
Domanda n°3: Che senso ha attaccare Berlusconi, quando lui stesso sta cercando di inseguire la politica leghista? Non è forse la Lega il “nemico” da combattere, con il suo programma incendiario, primordiale, arrogante? Siamo più spaventati di un Presidente del Consiglio che simula di fare il forte vedendo l’approssimarsi della sua fine, o di un partito forte che ha ampi margini di miglioramento?
E il PD? Il PD fa il PD. Niente di nuovo. Si barrica dietro la matematica, l’unica amica che gli tende la mano. I giornali parlano di resa dei conti, di attacchi al neosegretario, riprendendo un copione che non ci aveva mai lasciato e che ci accompagna tristemente dalla nascita. Un film già visto, noioso come non mai. Erano in tanti ad aver comprato il biglietto all’inizio,in sala ora rimangono solo gli irriducibili e i nostalgici, che votano più per compassione che per passione. Di errori ne sono stati fatti molti, troppi per soddisfare un elettorato esigente come il nostro. Ci siamo riempiti la bocca parlando di alternativa senza mai provare a crearla davvero. Ha cercato di copiare la destra e dove l’ha fatto ha perso, e male (Penati?). L’originale merita sempre di più. Lo dico ai delusi: non c’è alternativa al Partito Democratico e al suo progetto originale. Ma c’è un’alternativa al tracollo. Non me la sento di sparare sul neosegretario: sarebbe troppo facile, ma anche ingiusto, visto che è stato eletto da pochi mesi, dopo altrettanti mesi di congresso. Non chiedo una rivoluzione (che sarebbe giusta, ma impossibile da ottenere), chiedo umiltà. L’umiltà necessaria per capire che la strategia delle alleanze non interessa alla gente, che a furia di cercare i voti di Casini ne abbiamo persi molto di più sfiduciando i cittadini. L’umiltà di ascoltare i giovani (mentalmente e non) del Partito, utili nel fermare l’emorragia movimentista. L’umiltà di capire, come dice Francesco, che se uno i voti non ce li ha se li cerca e che la matematica può essere tua amica, ma è infinitamente bastarda e traditrice. L’umiltà di capire che in questa Italia razzista, ingiusta, mafiosa, debole i nemici non sono dentro noi, ma fuori (mi rivolgo anche a tanti militanti intransigenti). L’umiltà di dare fiducia a chi ha tanto da dire e poco spazio per farlo. L’umiltà di non mandare La Torre a commentare i risultati, il quale dovrebbe essere bandito da ogni trasmissione dopo la storia del pizzino. L’umiltà di credere nel rinnovamento, essenziale per restituire fiducia in un partito poco credibile. L’umiltà di riportare la felicità nel votare PD. L’umiltà di lasciare stare modelli fantasiosi di alleanze polimorfiche (modello “Liguria”? 9 partiti, peggio dell’Unione prodiana) e cercare di pescare nell’immenso bacino dei 15 milioni (circa) che hanno deciso di non votare e che non sono ideologizzati. Aspettano noi. Risponderemo a loro e alle domande che facevo prima? Non è l’ultima occasione per migliorare il partito, che continuerà a esistere per molto. Ma ora più che mai è necessaria un’Italia migliore. Lasciamo poco spazio alle inutili lotte interne e lavoriamo uniti. Abbiamo l’obbligo morale di farlo. La storia ci giudicherà dal coraggio che avremo in queste situazioni difficili. Siamo in tanti. Contiamoci.
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