La piccola Rachel, 13 mesi, non è morta di malattia, ma è stata uccisa dallo Stato Italiano. Potrebbe essere inserito in uno dei tanti casi di malasanità, ma questa volta è diverso. Non c’è un errore umano o medico, c’è una precisa volontà politica: negare cure e ricoveri a chi ha la tessera sanitaria scaduta (o chi non ce l’ha). Per la maggior parte sono immigrati senza permesso di soggiorno, ma non è questo il caso di Tommy Odiase, padre della bimba. Lui ce l’aveva il permesso, ma a causa del suo licenziamento poche settimane prima il rinnovo ha avuto qualche problema. Di questa burocrazia, cattiva e intransigente con i più deboli, ne ha fatto le spese la figlia, colpevole (?) di non essere nata italiana. Ma secondo il resoconto di Repubblica, anche dopo l’accettazione e il ricovero, i medici non hanno ritenuto necessario una visita urgente. La cruda conseguenza è una morte evitabile che urla vergogna e rabbia. Ma lo sappiamo che l’indignazione è ormai scomparsa dalla società italiana, soprattutto quando si tratta dei soprusi nei confronti dei più deboli.
Non è nemmeno vero che il partito democratico non fa niente: in Toscana la nuova legge sull’immigrazione prevede l’assistenza sociosanitaria agli irregolari, atto di dignità e di prevenzione, e il buon Sarubbi, che andrebbe ascoltato di più in tema di integrazione e immigrazione, presenta un’interpellanza al ministro Fazio. Ma non è abbastanza. Ci riempiamo la bocca di solidarietà, lotta alle ingiustizie, ma non riusciamo a elaborare niente in risposta a questi episodi. Siamo sempre pronti a scrivere post strappalacrime, dove accusiamo la destra e la società vergognosa di oggi, senza però indicare soluzioni. Mi aspetto una reazione più organica, collettiva e concreta.
Altrimenti continueremo a farci del male. Anzi, a fare del male. Siamo sempre responsabili di quello che non riusciamo ad evitare (Sartre)
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