“Pompei è uguale ad ogni altra città. La stessa antica umanità. Che si sia vivi o morti non fa differenza. Pompei è un sermone incoraggiante. Amo più Pompei che Parigi.” Questo diceva Herman Melville, romanziere statunitense, autore di Moby Dick, indiscusso capolavoro della narrativa. Come dargli torto?
Pompei era una tappa obbligata del Grand Tour, il lungo viaggio effettuato dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea che a partire dal XVII secolo arrivavano in Italia per perfezionare la loro educazione. Fra questi Goethe, che rimase sconvolto dalla straordinarietà del luogo: “E lo spettacolo desolante che si leva da questa città, prima sepolta da una pioggia di lapilli e cenere, poi sottoposta al saccheggio di chi l’ha riportata alla luce, ancora riesce a trasmettere il gusto artistico di un popolo, di cui nemmeno il più fine conoscitore ha un’idea, né sentimento, né alcun bisogno.” (Napoli, domenica 11 marzo 1787 , Viaggio in Italia)
Il saccheggio di Pompei continua ancora oggi , a più di due secoli dalla visita dello scrittore tedesco. Uno stupro sistematico, lento ma costante, che sta uccidendo di nuovo la città. Quello che non hanno fatto le bombe durante la Seconda Guerra Mondiale, i terremoti, le eruzioni lo sta facendo l’uomo, la peggiore delle calamità naturali.
Non dico queste parole ricolme di rancore perchè recentemente c’è stato il crollo della Schola Gladatoria, che ci ha privato per sempre di un pezzo fondamentale della storia della città.
Chi conosce bene il sito archeologico sa benissimo che la “vita” di Pompei è appesa a un filo da molti anni. La situazione emergenziale è sotto gli occhi di tutti, ma molti subiscono passivamente, nascondendosi sotto la litania della mancanza di risorse.
Nel 2005 l’allora soprintendente Guzzo stilò un dossier sullo stato strutturale del sito archeologico ed emerse che il 70 per cento degli edifici necessitava di interventi di restauro e messa in sicurezza: il 40% con la massima urgenza perché in stato pessimo o addirittura con un cedimento. Poco o nulla è stato fatto. Anzi, a volte sotto il nome di restauro si sono compiuti danni permanenti e irreparabili.
Sfatiamo un luogo comune: Pompei è un sito in perdita. L’area archeologica più grande e sorprendente del mondo è visitata ogni anno da metà dei turisti che entrano al centro Georges Pompidou di Parigi (tre milioni contro sei). Perchè? Mancanza di servizi decenti, contesto ambientale difficile, ricettività a dir poco scadente, pessima gestione del sito, il problema dei cani. Da due anni senza governo, una soprintendenza completamente allo sbando, Pompei si avvia verso un nuovo declino.
Quando ho coronato il sogno infantile di lavorare nella città perduta ero già diventato consigliere comunale. Non guardavo più Pompei come qualcosa di magico, di emozionante, ma rovinando la poesia, non potevo evitare di notare tutti i problemi amministrativi/gestionali del sito.
Lentamente, mentre emergevano i problemi, la gioia diventava tristezza, la felicità si tramutava in angoscia, lo stupore lasciava spazio alla rabbia, allo sconforto, all’incredulità di essere testimone della seconda morte di Pompei, molto più drammatica e crudele della prima, perchè prevedibile e evitabile.
C’è speranza di salvare la città da una seconda eruzione, più silenziosa ma più letale? Non lo so, ma questa volta non ci saranno ceneri e lapilli a preservare nei secoli il sito archeologico, questa volta l’oblio è garantito.
2 – Continua
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