Riconquistare la città “Italia”.

Puntuali dopo ogni elezione arrivano i commenti al voto. Italiani popolo di analisti, sempre pronti ad affermare qual è la strategia migliore e a indicare il percorso da seguire. Fortunatamente stavolta non ho visto molti toni pessimistici tra i commentatori di centrosinistra, complice la netta vittoria nei ballottaggi. Tutte avevano lo stesso filo conduttore: necessità di una coalizione forte con i protagonisti del voto, la consapevolezza che il vento è cambiato, la fine del berlusconismo. Già. Ancora una volta. Come si diceva dopo le elezioni del 1996, del 2005, del 2006. Che invece hanno consegnato un Berlusconi ancora più arrogante, imprevedibile e terrificante. Non è nelle mie corde essere pessimista, ma il risultato di ieri non ci deve allontanare da quelli che sono i nostri compiti nel prossimo futuro. Se vogliamo vincere a livello nazionale ci sono alcuni fattori che dobbiamo tenere di conto:
1) Abbiamo vinto nelle città, che di solito hanno una tendenza a votare centrosinistra. Certo, abbiamo strappato Milano, ma se vediamo il voto delle provinciali del 2009 possiamo notare come nei collegi del centro città il centrosinistra aveva già superato il centrodestra. Alle regionali dell’anno scorso Piemonte e Lazio sono stato strappate al centrosinistra grazie al voto dei paesi più piccoli, dove è più difficile offrire un radicamento e un’iniziativa omogenea sul territorio da replicare al modello televisivo di Berlusconi. Per questo bisogna puntare sulla comunicazione, cercando di occupare tutti gli spazi (online e offline) con idee e proposte chiare, per non disperdere il messaggio. Sono loro ora ad essere divisi, cerchiamo di ricordarcelo.
2) Il Sud. Se dal Nord le notizie sono buone, con il crollo di fiducia nel sogno berlusconiano e nelle paure/promesse della Lega, nel Meridione le previsioni sono fosche. Non solo non c’è un chiaro segno di ripresa di credibilità nel centrosinistra, ma c’è ancora il “problema” Sicilia, dove il PD ha scelto di reggere la giunta del macchiavellico Lombardo. Come ha detto Pisapia oggi a Vendola, ” bisogna parlare il meno possibile dei territori che non si conoscono” e quindi non mi addentro ad analizzare cosa è possibile fare per “portare il vento del Nord” in fondo alla penisola italica. Chiedo solo ai dirigenti del partito un’attenzione maggiore a domandarsi se ci vuole una rottura netta con il passato, come ha dimostrato la grande vittoria di Luigi De Magistris, evitando di perpetrare vecchi schemi clientelari e artificiosi giochi di palazzo.
3) Manca ancora una programma condiviso sulle alleanze. Chiamalo manifesto, piattaforma, punti programmatici, idee, progetto per l’Italia, proposte. Chiamalo come ti pare. Ma va fatto. Per non trasformare il voto sempre nel referendum di turno contro Berlusconi e i suoi candidati, occorre fidelizzare gli elettori che si sono già espressi in nostro favore e conquistarne altre. Guardare a quella grande massa di astensionisti e delusi da questa politica ( e non dalla politica in generale) che possono aver votato candidati di rottura (qualcuno ha detto grillini?) proponendo una visione a lungo raggio del nostro Paese, cercando di richiamare a sé quegli esuli in patria che adesso hanno negato il voto, ma che sono pronti a ridarci fiducia quando smetteremo di parlarci addosso e parleremo a tutti gli italiani, specialmente quelli che adesso stanno soffrendo di più.
Pochi e semplici punti:
1)difesa dei diritti di tutti, anche chi in questo momento non ce l’ha (precari, ad esempio)
2)richiamo alla legalità (perché sicurezza non fa rima con immigrazione)
3)riconoscimento del merito e delle competenze (riforme vere che hanno dei costi ma che facilitano lo smantellamento del sistema)
4)visione ambientalista (no nucleare, un miglior sistema idrico, attenzione e ricerca nelle rinnovabili, risparmio energetico. Un nostro New Green Deal)
5)apertura all’innovazione (connettere il mondo dell’università con le imprese, aumentare l’investimento in ricerca, Internet come bene pubblico)

Abbiamo la grande opportunità di governare nelle più grandi città d’Italia: Milano, Napoli, Torino, Firenze, Genova, Trieste, Bologna. Roma cadrà la prossima volta. Si possono fare scelte coraggiose da prendere come esempio per le politiche nazionali. Possiamo mettere in piedi una nuova forza che ha gambe solide per camminare solo se ci sono esempi brillanti di buona amministrazione.

Un tempo il governo delle città era un vanto della sinistra. Deve tornare ad esserlo. Solo così riconquisteremo la città “Italia”.


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