Ernesto Galli della Loggia ci traccia un’analisi sul ruolo della democrazia dei tempi nostri. Post-ideologica, asservita alla spesa e alla spasmodica ricerca di consenso facile. Come se ne esce?
Ed è a questo punto, di conseguenza, che «i mercati», cioè la finanza, hanno cominciato a diventare gli effettivi padroni degli Stati e dei governi; in definitiva della società nel suo complesso. Ma il problema com’è chiaro non è nella finanza o nella speculazione: è nei deficit di bilancio di democrazie che non sanno essere che democrazie della spesa. Come possono fare a non esserlo? A non esserlo, almeno, oltre una certa misura, a non essere solamente tali? C’è un’unica strada mi sembra: oggi difficile perfino a dirsi, ma probabilmente la sola possibile. Trovare alla democrazia nuovi contenuti. Contro l’unidimensionalità economicistica riscoprire la politica; allargarne lo spazio di nuovo, come fu un tempo, ai valori essenziali che ci preme salvaguardare, ai grandi problemi del modello di società che vogliamo. Contro il minimalismo pseudorealista riscoprire la politica e la capacità che essa deve avere di animare un dibattito pubblico con verità, senza chiacchiere utopiche, ma anche con capacità di visione e di mobilitazione ideale. Nei tempi duri, forse durissimi, che ci attendono, la sola speranza della democrazia è nella politica, in una politica siffatta. Solo con questa politica riusciremo, se ne saremo capaci, a fare sì che le nostre società non diventino una docile e invivibile appendice della Borsa.
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