Alla ricerca del Vello d’Oro attraverso il Buon Governo e la partecipazione

La realizzazione di una piattaforma per il Buon Governo e la Cittadinanza responsabile. Questo era uno degli ambiziosi scopi della Summer School organizzata da RENA, Rete per l’Eccellenza Nazionale, associazione che vuole fare dell’Italia un paese a regola d’ARTE (azzeccato e auspicabile acronimo che sta per apertura, responsabilità, trasparenza, equilibrio)
I membri dell’associazione si fanno chiamare “arenauti”, nome che ricorda il gruppo di eroi dalla fonetica straordinariamente simile, gli Argonauti, che diedero vita a una delle più note e affascinanti narrazioni della mitologia greca.  Ma a Rena  non c’è un Giasone che si contraddistingue sugli altri,  ma tanti giovani, indipendenti e plurali, che operano con merito nei diversi settori pubblici e privati, per creare una rete di indiscusse competenze, uniti insieme dalle passioni, dalle emozioni e dalla straordinaria consapevolezza che solo condividendo si può realizzare qualcosa di diverso. Con questo spirito hanno messo in piedi una Summer School su temi attualissimi come il Buon Governo e la Cittadinanza responsabile, con la convinzione che il miglioramento della qualità della democrazia e della pubblica amministrazione passi per forza dalle mani dei cittadini e dalla  necessità di una ripresa delle idee e dei buoni progetti.
Un risveglio affidato a 31 studenti, dai profili diversi tra di loro, provenienti da tutta la nazione e scelti principalmente in base alle motivazioni che hanno scritto nel presentare la domanda.  Un esperimento sociale svolto a Matera, città patrimonio dell’umanità, perla del nostro tanto bistrattato Sud, candidata a diventare la capitale della cultura europea nel 2019. Un esperimento che non si limitava alla lezione frontale, ma che promuoveva la discussione e la partecipazione. Un esperimento diverso, dove l’ingrediente principale non era la cattedra, relegata a arredamento marginale, senza nessuno dietro, ma un sapiente mix di studenti, arenauti e docenti esterni, tra i quali Antonello Caporale, Bill Emmott, Ernesto Belisario, Giuseppe Meli, Gregorio Arena, Massimo Cacciari e Matteo Ciastellardi.
Questa strana ma efficace combinazione non si è limitata a raccontare e spiegare idee e concetti che si disperdevano nell’aria, pronti a essere recepiti solo dalle orecchie prescelte che potevano assistere ai lavori della Summer School. Anche gli studenti, come Giasone e gli Argonauti dovevano cercare il loro Vello d’Oro, che avrebbe dato gloria e riconoscimento: concepire  una piattaforma per il Buon Governo e la Cittadinanza Responsabile. Cosa significa? Proviamo a scomporre la frase.
Piattaforma: nome ricorrente durante la settimana. Un termine tecnico, informatico, oscuro ai non addetti e che può creare confusione. La piattaforma è semplicemente uno strumento, che ha l’ingrato scopo di mettere in pratica la teoria, di concretizzare le idee, di rendere reale l’astratto. Un mezzo che ci costringe a tenere ben saldi i piedi per terra.
Per questo era la parola più temuta della settimana. Tante idee, tanti spunti, tante intuizioni che dovevano essere realizzate e non lasciate così, sprecate, come un vuoto esercizio di intelligenza e di acume.
Maledetta piattaforma, colpevole di aver soffocato fantasia, creatività e genio. Benedetta piattaforma, che  ha dato concretezza a una settimana di riflessioni e discussioni, in un mondo dove tanti hanno la presunzione di dire di conoscere le  soluzioni, ma alla fine sono pochissimi che le mettono in pratica,
La “fantasia al potere”, mitico slogan del’68, non ha mai funzionato e ogni processo democratico e decisionale ha bisogno dei suoi strumenti per attuarli.
Inoltre la parola piattaforma, termine informatico, evoca il mondo digitale, per sottolineare l’inevitabile necessità dell’utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici a corredo di ogni disposizione.
Ma la possiamo anche banalizzare paragonandola a una porta, un arco, un ingresso, dal quale bisogna passare per avere accesso a qualcosa di più grande; come transitare dalla porta della propria casa per andare in strada, nel quartiere, nella città. Passare da una sfera privata a quella pubblica, dove si apre un intero mondo di possibilità, di relazioni e di partecipazione.
Ma partecipare a cosa? Con Chi? Per cosa?
Quando si parla di pubblico non possiamo evitare di parlare di chi ha il potere di ricordare il nostro passato, gestire il nostro presente e costruire il futuro. Ovvero di chi ci guida.
L’obiettivo della scuola era costruire una piattaforma per il Buon Governo. Governare lo possono fare tutti, anche un manipolo di tecnici e specialisti. Ma governare in maniera virtuosa è un’altra cosa.
Il Buon Governo, o eunomia – scrive Solone, legislatore, giurista e poeta della Grecia classica,
rende tutto ordinato e perfetto, mette in ceppi gli ingiusti, smussa le asperità, pone fine all’eccesso (koros), abbatte la tracotanza (hybris), secca i fiori rigogliosi della rovina (ate), raddrizza i giudizi storti, mitiga la superbia e fa cessare la discordia (Sol., fr. 4). La dysnomia invece (il suo opposto) porta infiniti mali alla città.
Attualizzando il concetta del poeta greco, il Buon Governo deve migliorare la vivibilità del nostro contesto abitativo, deve ridurre le diseguaglianze (economiche, sociali, politiche) e soprattutto deve “far cessare le discordie”. In un clima attuale dettato dallo scontro, dove l’odio sembra il miglior modo per generare consenso, le parole millenarie di Solone dovrebbero illuminare il percorso da compiere.
La Grecia classica aveva già capito che il Buon Governo non si attua da solo. Loro, che hanno dato concretezza all’idea utopistica di un governo del popolo, avevano compreso che non è possibile separare la città da chi la gestisce, i cittadini dai governanti. Chi abita le città ha un ruolo attivo e determinante nella gestione delle vite collettive.
Avete presente l’effetto farfalla? Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Questa visione, che paradossalmente è vista come appendice della teoria del Caos, può essere usata per comprendere meglio le dinamiche della vita collettiva. La forza e la determinazione di un singolo può avere un potere enorme nei confronti degli altri. Nel bene e nel male.
Nei fumetti spesso leggiamo il supereroico “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” Ecco, il Buon Governo cerca di premiare chi, fra cittadini e governanti, sviluppi un senso di responsabilità e di attivismo. Queste sono le ultime due parole che completano la missione degli studenti: concepire una piattaforma per il Buon Governo e per la Cittadinanza Responsabile (o Attiva).
Ma come si responsabilizza un cittadino? Come si attiva? Qual è la molla che fa scattare l’idea e la voglia di dare un contributo effettivo alla propria città, alla propria comunità?
La risposta può essere brutalmente sintetizzata in una parola: condivisione. Condivisione della partecipazione, condivisione della responsabilità, condivisione della trasparenza, condivisione delle buone pratiche, condivisione delle libertà, condivisione di fiducia.  Meglio ancora, condivisione  di una visione comune.
Non è semplice, ma gli strumenti, i tanto vituperati, freddi e asettici strumenti, possono aiutarci. Soprattutto quelli nuovi, chiamati appunto social network, reti sociali, che fanno della parola “share” (condivisione) il loro credo, il loro cuore pulsante. Se tutti smettessero di condividere morirebbero inesorabilmente in modo crudo e fulmineo.
L’utilizzo di strumenti online, intelligentemente mischiati con quelli tradizionali, aprono interessanti nuovi scenari. I ragazzi della Summer school ( e per ragazzi intendo anche docenti e arenauti) hanno provato a darne uno tra i tanti possibili. L’hanno chiamato Piazzarena,nome scelto ovviamente dopo una votazione democratica, che suggerisce la volontà di riprendere immagini mutuate dalla sfera pubblica come la piazza e l’arena. Fra l’altro include anche il nome dell’associazione che ha promosso tutto questo, Rena appunto, e quindi il quadro si completa.
Contestualizzato il nome si tratta di capire cosa è, facendo quello che è il processo inverso della scuola: dare un’idea a qualcosa di concreto. Non è immediato. Ad esempio Facebook è un aggregatore di relazioni sociali. Detto così non si capisce molto, eppure tutti sappiamo cosa è e come si usa.
Piazzarena è un costruttore di fiducia, un ravvivatore di comunità, un catalogo di opportunità, un promotore di relazioni. Coinvolgendo tutti gli attori presenti in un territorio (istituzioni, imprese e cittadini) e attraverso un sistema di incentivi si premiano le buone pratiche di attivismo e di buon governo. Un mix di Foursquare, Fixmystreet, Revitaliz e Kickstarter. Sono per voi termini sconosciuti e dal suono sinisto? Aspettate qualche mese..
Siete ancora confusi? Non avete capito cos’è questa piattaforma, a cosa serve? Bene, è un buon segno. Il poeta e scrittore tedesco Goethe diceva: Il dubbio cresce con la conoscenza. Io direi che è possibile anche il contrario e la curiosità e i dilemmi possono generare interesse e voglia di sapere, primo passo verso la realizzazione di qualcosa di nuovo.
proseguendo con le citazioni classiche: Fatti non foste a viver come bruti, | ma per seguir virtute e canoscenza, scriveva il sommo Dante Alighieri. Ecco lo scopo della scuola era quello di aprire la strada, liberandola dai rovi e dai rami secchi, e vedere se siamo i soli a seguire questo percorso.
Ovviamente la scuola non aveva la presunzione di consegnare un prodotto finito, visto l’ingente quantitativo di risorse necessarie per lo sviluppo di una così vasta e articolata piattaforma. Piazzarena è un pungolo, uno stimolo, una puntura per provare ad aumentare la consapevolezza che alimentare il Buon Governo e la partecipazione è possibile, è reale, necesario e che abbiamo già gli strumenti per farlo.
La coscienza che il tanto ricercato Vello d’Oro,  ovvero l’idea di un mondo migliore, non è solo un mito, ma è qualcosa di tangibile. Lo possiamo toccare, desiderare, afferrare e possiamo metterci in moto per ottenerlo, come  novelli Argonauti digitali.
Una signora materana, durante un caffè al bar, evidentemente molto speranzosa, aveva chiesto agli studenti: “Insomma, ma lo cambiate questo mondo, o no?”. La risposta è stata: “Certo, ma solo se ci prova anche lei”.

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