Non mi piacciono i muri e le reti. Dividono, isolano, allontanano, emarginano. Per questo non mi piace l’ipotesi progettuale di creare una rete tra il parco di Tirrenia e Piazza Belvedere, per “combattere l’illegalità diffusa”. Una soluzione che, al di là delle iperboli linguistiche che ho letto nelle varie dichiarazioni di associazioni e partiti, non risolve per niente la situazione: una rete alta due metri non solo sarebbe impattante, ma non priverebbe “altre vie di fuga”. Si vuole recintare tutta la piazza o tutto il parco, così si elimina il problema? La lotta all’abusivismo commerciale è un tema delicato che deve essere affrontato non solo nel suo pragmatismo (evitare di vendere merce contraffatta e superare l’illegalità), ma anche nei suoi risvolti sociali: non è sbattendo tutti i venditori abusivi in carcere che risolvi il problema, loro sono l’ultimo anello, il più debole. Per questo le politiche di integrazione e di coesione sociali devono continuare, a stretto contatto con le associazioni e le comunità del territorio, con proposte sempre nuove ed efficaci. Sul fatto che sia una proposta poco utile e spiacevole posso essere d’accordo, ma parlare di “tonnara” , di “mattanza” e di “trappole e filo spinato” mi sembra un po’ eccessivo. Anche le strumentalizzazioni creano muri, difficili da aggirare. E’ difficile, ma spero che su questi temi si possa iniziare a parlare con parole che vanno oltre l’immediato consenso, di tutte le parti. Quali sono le soluzioni sul tavolo? Esiste una strada migliore? Altrimenti il rischio è di avvitarsi nella concretezza, nella praticità, nelle soluzioni spicciole, utili per governare il presente ma che rendono miopi per il futuro. Facciamo in fretta, perché ci sono muri invisibili, impercettibili ma non per questo meno saldi,che crescono fra le persone. E questi sono quelli che mi fanno più paura.
[Pisa] I muri invisibili
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