Trovo molto difficile parlare dell’8 Marzo “dall’altra parte”. Potrei fare semplicemente gli auguri a tutte le donne, fare un sorriso, qualche frase carina, una mimosa e via, la coscienza è lavata. Pronto a tornare in un sistema che mi vede sicuramente avvantaggiato, adagiandomi nelle “facilità” che avrò in futuro, soprattutto nel mondo lavorativo. Finché saranno solo le donne a battersi per i loro diritti, questo paese non cambierà mai. Così come per le altre minoranze “civili”: omosessuali, conviventi, disabili.
E allora facciamo che oggi non sia un giorno di festa, ma di informazione. Conoscere per poi agire. Aspettandoci sacrifici.
Ma qual è il ruolo della donna oggi? Sicuramente non quello visto in televisione. Ripropongo un commento di Nadia Chiaverini che ha scritto in passato sul mio blog descrivendo le sue sensazioni dopo aver visto il filmato “il corpo delle donne” di Lorella Zanardo:
[…] ho assistito alla proiezione del filmato”Il corpo delle donne” . L’avevo già visto su internet, ma ancora una volta è stato un pugno nello stomaco..quelle bocche rifatte., quegli zigomi, quelle cosce e culi in primo piano, donne appese come prosciutti, e marchiate.
Come siamo potuti arrivare a tanto? Perché non ci siamo ribellate prima?dove sono andate a finire i principi di uguaglianza, libertà, autodeterminazione delle donne, che sono stati il fulcro delle lotte degli anni 70 che hanno portato all’approvazione della legge sul divorzio, alla riforma del diritto di famiglia, alla legge 194 sull’aborto e al diritto alla contraccezione ?
Dove abbiamo sbagliato?
Durante il dibattito ci siamo guardate, qualcuna ha ammesso che un errore le donne lo hanno sicuramente commesso:quello di pensare che i diritti che erano stati conquistati fossero stati definitivamente acquisiti, che fosse impossibile tornare indietro. Le donne hanno lottato per affermarsi nel lavoro, nella società, molte cercando, con fatica, di portare anche all’interno della propria famiglia i principi in cui credevano.. in realtà si sono isolate, hanno combattuto nel proprio “particulare”, mentre la società stava cambiando. Negli anni 80, con l’avvento delle tv private e commerciali, il potere dei mass media è cresciuto a dismisura, il principio dilagante della necessità dell’apparire è diventato imperante per le nuove generazioni, in concomitanza con l’accresciuto consumismo.
La giovane perfezionanda della Scuola, Alessia Belli, adottando una bella metafora, ha affermato che sicuramente un filo si era spezzato :quel filo che avrebbe dovuto unire sia le donne di generazioni diverse, che le donne di culture diverse, ed infine il filo di condivisione dei valori tra donne ed uomini.
Questi tre aspetti, a mio parere fondamentali, sono stati esaminati anche nell’interessante dibattito che è seguito.
1)Effettivamente, tra le donne nate negli anni 50/60, gli anni del femminismo, e le più giovani generazioni c’è stata una cesura, una mancanza di comunicazione. Non siamo riuscite a trasmettere l’esigenza di “stare in guardia”. Forse perchè le nostre figlie, sin da quando frequentavano l’asilo, non hanno vissuto le disparità di trattamento che abbiamo subito noi, a scuola, in famiglia. Sono vissute alla pari con i maschi, e senza rendersene conto, hanno assimilato quei comportamenti che venivano loro proposti dalla pubblicità e dai modelli dei mass media; mi ricordo che mia figlia, da piccola, quando mi arrabbiamo nel vedere una trasmissione televisiva che ritenevo “diseducativa” quasi mi accusava: “ma mamma, ma non ti va bene proprio nulla!”
2) Tra le donne occidentali e le donne di altre culture s’intravede un profondo disagio, nel momento in cui quest’ultime rivendicano un’identità differente, si creano degli steccati ideologici, delle incomprensioni di cui il divieto di indossare il nijab in Francia è solo uno dei tanti aspetti.
3) la comunicazione tra donne e uomini è sempre stata assoggettata a degli stereotipi che le lotte per l’emancipazione avevano cercato di superare. Le situazioni evidenziate neil filmato ripropongono la figura del conduttore come prevaricatore, se non schiavista, di fronte a delle vallette prive di identità anzi assoggettate sotto un tavolo, maltrattate da UOMINI CHE HANNO IL SOLO MERITO DI MOSTRARSI dei veri machi (l’uomo che non deve chiedere mai)
L’invito che l’autrice del filmato ha fatto scattare in tutte noi è quello di ritornare ad esercitare in ogni occasione la nostra forza critica, la voglia di dire BASTA, riappropiandoci delle nostre passioni e della voglia di lottare.Agire subito,tolleranza zero, per la dignità delle donne e degli uomini, in una società più civile.
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