#Pisa Le primarie dell’amore perduto

Con Federico Russo e Stefano Landucci condividiamo un approccio più sognatore del Partito democratico. Insieme abbiamo fatto tante battaglie, partecipato a mille riunioni, percorso migliaia di km, solamente per dare nuovi stimoli a un partito che troppe volte dimostra di parlarsi all’ombellico. Ma non per questo ci siamo sentiti una “corrente” interna, troppo liberi per cedere la nostra “indipendenza” a un’altra persona, troppo politicamente atei per credere ciecamente a un leader. Certo, non nascondiamo di provare simpatie per i temi espressi da Pippo Civati (magistralmente espressi nel suo ultimo libro), ma non per questo ci siamo rinchiusi in un gruppo, proprio per evitare un “elitismo” pernicioso che potrebbe precludere la partecipazione di altri. In un gruppo di lavoro così moderatamente anarchico, proprio perché alla fine come obiettivo non c’è una rendita temporanea di posizione ma uno stimolo continuo alla discussione, è normale che ci si muova anche in modo separato, cercando di sfruttare tutti gli spazi possibili. Come nel caso del loro appello alle primarie per il prossimo sindaco di Pisa, ovvero la richiesta a Marco Filippeschi di fare “un atto di generosità non dovuto e il coraggio di una sfida”.
Un appello legittimo, con la lucida consapevolezza di essere l’unico partito che si può permettere di parlare di primarie perché le fa veramente. Ma non ho firmato questo appello perché le primarie in sé non sono la soluzione alla richiesta di partecipazione. Sono solo un freddo strumento da riempire di contenuti, ovvero un mezzo per permettere a diverse visioni e idee di mettersi in mostra e di essere testate dalla cittadinanza. Allora sì che hanno un senso.
Non vedo l’appello di Federico e Stefano come un atto di lesa maestà, anzi come uno stimolo per una campagna elettorale che deve essere più partecipata possibile. Mi aspetto però una spinta maggiore, ovvero la presentazione di un programma alternativo rispetto alle linee delineate in questi anni. Perché ovviamente le primarie non devono essere “contro” Filippeschi, anche perché le decisioni fatte fino ad adesso sono state prese collegialmente da amministrazione, consiglio comunale, maggioranza e partito, dove le voci di dissenso sono state minori.
Non sarò certamente io a ostacolare la richiesta di primarie, proprio in un momento di rinnovata fiducia nella dirigenza nazionale che ha proposto la sfida per il candidato premier del centrosinistra. A livello nazionale le primarie serviranno per definire l’offerta politica dei diversi candidati, con diverse idee di paese che si scontreranno. A Pisa deve essere lo stesso, altrimenti dedicherò tutte le mie forze nel continuare ad appoggiare l’idea di città tratteggiata in questi anni, lavorando per superare alcune sensibilità trascurate in questi anni. Ma anche questo eventuale processo di “rafforzamento” della linea attuale deve vedere momenti innovativi di partecipazione, proprio per superare lo “spread” tra politica e cittadini.
Prevale nella cosiddetta base l’ impressione di non contare nulla, premessa di un assenteismo punitivo nelle prossime elezioni locali. Eppure è paradossale che il fenomeno del distacco si verifichi in un’epoca caratterizzata, come non mai, dalla possibilità, ampiamente realizzata da milioni di individui, di interscambio di massa tra le persone singole e tra queste ed ogni tipo di istituzione. Si rischia di rimanere anchilosati in riti ormai disseccati, non accorgendosi del potenziale organizzativo e propositivo promosso dalle nuove tecnologie e dalla voglia di partecipare.
Perché quando si tratta di risvegliare gli indifferenti o di scuotere i delusi la sfida va oltre le semplici primarie, ed è quella di tornare ad innamorarsi della politica. Altrimenti anche le primarie rischiano di essere un atto d’amore triste, simile a quello cantato da De Andrè: “non resta che qualche svogliata carezza e un po’ di tenerezza”.


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