L’illusione della #maturità

Tra i vari passaggi che segnano la vita di una persona uno dei più importanti è sicuramente la maturità. Non per la difficoltà delle prove, visto che avere la commissione con i membri interni ha falsato fortemente la serietà dell’esame, ma per il significato iconico che ha: la fine della scuola, l’ingresso nell’età “matura”, i sogni che proseguono.
Esattamente 10 anni fa mi trovavo nella stessa condizione di tanti ragazzi che oggi affrontano la prima prova.
Era molto caldo, l’Italia era appena uscita dal mondiale 2002 per colpa dell’arbitro Moreno, in tasca avevo l’indistruttibile Nokia 3310 con il quale passavo ore a giocare a Snake.
I professori (tutti interni) avevano fatto di tutto per rassicurarci e ormai ci conoscevano bene, difetti compresi. Alcuni di loro ci avevano visto crescere per 5 lunghissimi anni, da quando entrammo in quel liceo bambini per uscirne (forse) uomini.
E io più che ansia provavo nostalgia, consapevole che un bellissimo ciclo si stava per concludere. D’altra parte la prima prova (ma anche la seconda al classico) è solo la “partita” finale di una serie di lunghi allenamenti. Non ti puoi “allenare” il giorno prima se durante gli anni precedenti sei rimasto sul divano.
Ricordo bene quale traccia avevo scelto: Internet e le nuove tecnologie in forma di saggio breve, una “profezia” del tema che mi accompagnerà negli anni seguenti durante gli anni di studio universitario e di lavoro. Scelsi quella traccia perché ero il più “tecnologico” di tutti: nonostante avessi avuto solamente un modem 56kb, quello che faceva le “pernacchie” quando si connetteva, ero l’unico che andava regolarmente su Internet spinto dalle curiosità e dalle opportunità che quel nuovo mondo offriva.
Non ricordo però cosa ho scritto, sarei curioso di leggerlo ora che ho una formazione più “scientifica”, per capire quante stronzate ho scritto. Eppure presi il massimo, perché il tema era scritto bene e la professoressa di matematica non aveva le competenze per giudicare se quello che scrivevo era vero o se era frutto della mia frammentaria conoscenza appresa navigando in maniera casuale.
Poi la prova di latino, decisamente più difficile, e infine quella più “ansiosa”: l’orale. Non scorderò mai il senso di liberazione provato quando sono uscito dalla porta della classe, dopo aver fatto (discretamente) l’esame. Una delle sensazioni più forti mai provate. Emozioni intense, nel bene e nel male, che partecipano alla formazione del carattere di una persona.
Godetevele tutte, cari nati del ’93, io vi osserverò con un po’ di individia e un sorriso bonario, nel ricordare nostalgicamente il Marco Bani del 2002: tanta spensieratezza, tanti sogni, pochissima maturità e l’illusione di provare l’ansia più forte di sempre. Magari fosse stato così.


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