Avevo promesso di non occuparmi di politica italiana per tutto il periodo della mia permanenza negli States, nonostante ogni mattina durante colazione legga la rassegna locale e nazionale. Ma ieri non me la sono sentita di restare in silenzio e ho postato un messaggio su Facebook, per chiarire alcuni passaggi di un’intervista che parla del rapporto tra i giovani e il PD. Prendetela come uno sfogo sincero di un semi/emigrante in America, ancora indeciso se tornare e ricominciare daccapo o se disfare definitivamente le valigie.
Ecco il post di ieri:
Sono Marco Bani, 29 anni, studio scienze politiche (e non politica) al Sant’anna. Mi sento indipendente e non obbedisco nemmeno a mia madre, figuriamoci a qualcun altro. Mi sento membro della classe dirigente politica pisana, dato che devo prendere decisioni che hanno delle responsabilità sugli altri. Ho dedicato parte dei “migliori anni della mia vita” alla politica per passione e con passione. Ora sono in America e forse ci resto per sempre, chissà. Ho quindi sprecato questi anni di esperienza politica? No, perché guardandomi indietro non ho mai abbassato la testa o ingoiato parole che non dovevo dire, sincero e determinato davanti a ogni persona di ordine e grado. Ho difeso quello in cui credevo e molte volte ho accettato di essere minoranza su alcune posizioni. Penso di aver ottenuto piccole/grandi vittorie e ho dovuto rinunciare a cariche prestigiose per evitare di non riuscire a svolgerle nel migliore dei modi, consapevole e fiducioso della bontà dei sostituti. Non ho ricevuto nessun benefit dalla politica, anzi credo di essere più “povero” rispetto a quando ho cominciato. Mi piace giocare a pallone con Fontanelli, ma se devo parlare di politica, che siano critiche o suggerimenti, vado dall’unico segretario che c’è a Pisa, Francesco Nocchi, proprio perché l’ho visto incazzato e risoluto contro quelli che vengono definiti “i capi” del partito. Odio gli scudieri e ho un debole per i coraggiosi, ma le accuse non mi emozionano: c’è già troppo odio. Alla fine sedurmi è facile: punta il dito contro qualcuno e mi girerò dall’altra parte, dimmi come e cosa cambiare e posso dimenticarmi di qualsiasi altra cosa per affiancarti. “Siete voi giovani che dovete tirare i sassi nei vetri. Così, quando i vetri si rompono, noi vecchi ci rendiamo conto che era il momento di cambiarli. Per ringraziarti, mio caro spaccavetri, ti darò una borsa di studio”. Così, nel maggio 1959, parlava Ferruccio Parri. Purtroppo in questi anni di sassi nei vetri ne ho visti tanti, ma troppe volte nelle finestre sbagliate.
Non avete capito il senso di questo sfogo? Non preoccupatevi, qualcuno ha inteso.
Bene, ora torno al mio eremitismo americano, scannatevi pure sui giornali su primarie e poteri forti. Non farete altro che tenermi lontano.
Vado a mangiarmi una ciambella, mi servono dolci per levare questo saporaccio amaro dalla bocca.
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